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Gian Maria Volonte

20 anni senza Gian Maria Volonté

Venti anni fa, esattamente il 6 dicembre 1994 si spegneva in Grecia, a 61 anni, il grande attore Gian Maria Volonté. Stava girando il suo ultimo film, Lo sguardo di Ulisse per la regia di Theo Anghelopoulos.

Volonté è la dimostrazione di come il mestiere di attore possa contrapporsi al mero intrattenimento, costituendo il valore di un lavoro e attivismo che non fossero solo semplice arte recitativa, ma affermazione di un vero e proprio diritto alla riflessione e alla profondità. Un “pensattore”, come è stato giustamente definito, un volto serio, un volto di chi crede nel potere dell’arte e in quello che fa, simbolo della fusione tra impegno civile e arte, il duttile e scontroso attore nato a Milano ma cresciuto a Torino, ha sempre sposato in pieno le cause dei suoi film, diventando tra i più importanti protagonisti della migliore stagione cinematografica italiana, permettendosi di dire anche dei no a registi come Bernardo Bertolucci che lo voleva nel suo Novecento, a Federico Fellini per Casanova e a Francis Ford Coppola per Il Padrino.

Diplomatosi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma nel 1957, dopo tre anni di duro e intenso lavoro tra teatro, con le opere di Goldoni e di Shakespeare, e televisione, con L’Idiota di Dostoevskij e il Caravaggio, si aprono per lui  le porte del mondo del cinema.

Nel 1964, dopo aver preso parte a film che non hanno lasciato il segno, se si esclude un piccolo ruolo nel film La ragazza con la valigia (1961) di Valerio Zurlini, accanto a Claudia Cardinale, è chiamato da Sergio Leone nel cast del western Per un pugno di dollari e la sua interpretazione del cattivo fa storia. Ma Volonté non vuole rimanere imbrigliato in ruoli di genere e dà vita ad una serie di personaggi indimenticabili, in un periodo dove furoreggiano attori del calibro di Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman: pensiamo a Paolo Laurana, l’intellettuale di sinistra di A ciascuno il suo (1967) per la regia di Elio Petri, uno dei primi film italiani sulla mafia, al commovente Bartolomeo Vanzetti  di  Sacco e Vanzetti (1971) di Giuliano Montaldo, ma soprattutto al “dottore” capo della Sezione Politica che uccide l’amante che lo tradiva con uno studente facente parte della contestazione attiva che, invece di occultare le prove le rende sempre più evidenti, convinto, nel suo delirio di onnipotenza che invece tradisce profonda insicurezza, che il Potere gli permetta di essere al di sopra di ogni sospetto, di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) ancora di Petri, al memorabile Lulù Massa, l’operaio contestatore de La classe operaia va in paradiso (Petri, 1972), primo film italiano che è entrato in fabbrica suscitando molte polemiche, soprattutto a sinistra, e Palma d’oro a Cannes ex aequo con Il caso Mattei, anch’esso interpretato magistralmente da Volonté, per la regia di Rosi che dirigerà ancora l’attore in Cronaca di una morte annunciata nel 1987.

Sono degne di nota anche le seguenti pellicole: Sbatti il mostro in prima pagina (1972), Giordano Bruno e Lucky Luciano (1973), Il sospetto (1975), il controverso e profetico Todo modo (1976), Cristo si è fermato a Eboli (1979), L’attentato (1973), Il caso Moro (1986), L’opera al nero (1988), il sottovalutato Tre colonne in cronaca (1990), Porte aperte (1990), Una storia semplice (1991). Meno degno di nota il modaiolo (per l’epoca), fazioso e antimilitarista Uomini contro di Rosi (1970), che stravolge il senso del romanzo (Un anno sull’altipiano) di Lussu, da cui è  stato tratto.

Gian Maria Volonté si è posto la questione dell’essere attore a livello esistenziale, stabilendo un rapporto rivoluzionario tra l’arte e la vita per cercare di sfuggire alle fauci del potere, come affermava lui stesso, votandosi ad un’idea di giustizia e di tolleranza contro la cultura della morte citando le maschere del potere, dell’ambiguità, della violenza, del torbido, della reticenza, anticipando tutto. Non è mai sceso a compromessi Volonté, è stato un uomo morale, che viveva i suoi personaggi e non si lasciava affascinare dai riti stupidi dello spettacolo. Che sia stato poliziotto, contadino meridionale, magistrato, sindacalista, operaio settentrionale, Volonté è sempre riuscito a far comprendere al pubblico, grazie al suo essere camaleontico, i ruoli sociali chiave e l’Italia stessa, con lucidità, condensando psicologia e cultura; non impersonava i personaggi, ma ne svelava le peculiarità, le nevrosi più nascoste, in un periodo dove il cinema italiano stesso era coraggioso.

Ideologo? Sicuramente, ma non per partito preso, perché fosse testardamente di sinistra (e scomodo anche per la sinistra stessa, che non era e non è immune al malaffare e al malcostume), ma perché ha voluto confrontarsi, calarsi in personaggi straordinari, nel bene e nel male, destreggiandosi tra le tante sfumature dell’animo umano. A 20 anni di distanza, di Volonté oggi mancano soprattutto lo sguardo malinconico, la gestualità e mimica, la tecnica, il modo di costruire i personaggi, l’essere ribelle (spesso litigava con i registi con cui lavorava), l’imporsi contro la struttura stessa dello spettacolo.

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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