Non sorprende la vittoria di Gianfranco Rosi al Festival di Berlino 2016 con il suo Fuocoammare, commovente docu-dramma politicamente corretto dei migranti, complice l’assenza della concorrenza. Gianfranco Rosi, già premiato a Venezia 2013 grazie ad un altro docu-film, Sacro GRA, racconta Lampedusa attraverso la storia di Samuele, un ragazzino che ama tirare sassi con una fionda e andare a caccia di uccelli; gioca sulla terraferma anche se tutto intorno a lui parla di mare, quel mare, teatro di tragica attualità, attraversato da chi è alla ricerca di una vita migliore e che invece, spesso, ha trovato la morte. Grazie a Samuele, lo spettatore entra nella quotidianità delle vite di chi abita un luogo che è continuamente in emergenza, ma lui non incontra mai i migranti, a differenza del dottor Bartolo, unico medico di Lampedusa che non può fare altro che constatare decessi.
“Il mio pensiero va a tutti coloro che non sono mai arrivati a Lampedusa nel loro viaggio di speranza, e alla gente di Lampedusa che da venti trenta anni apre il suo cuore a chi arriva”, queste sono state le parole di Gianfranco Rosi pronunciate al momento della consegna del prestigioso riconoscimento, concludento un discorso che il regista aveva avviato i giorni scorsi lungo il red carpet della Berlinale: “L’accoglienza non deve essere fatta dalle singole nazioni, ma dall’Europa. L’esempio che ieri ha dato l’Austria, che sta iniziando a chiudersi, non è un grande esempio, l’Italia ha fatto tantissimo, per venti anni ha fatto da sola, ora non è più il momento di agire singolarmente”.
Il regista nato in Eritrea è il sesto italiano a vincere l’Orso d’oro, gli ultimi a trionfare in terra tedesca erano stati i fratelli Taviani con Cesare non deve morire, anch’essa pellicola che trattava tematiche sociali e di grande attualità. La sensazione è che il cinema italiano per vincere all’estero abbia purtroppo bisogno troppo spesso di film prevedibili, spesso noiosi e politicamenti corretti. Se Sacro GRA aveva piacevolmente sorpreso per il suo taglio grottesco, Fuocoammare tra atmosfere suggestive e stranianti e una narrazione poco avvincente, si adagia sull’ovvio limitandosi a presentare una realtà, senza fornire possibili rimedi.
Per quanto riguarda le interpretazioni, quello per la migliore attrice è andato alla danese Trine Dyrholm, protagonista di Kollektivet (La comunità) di Thomas Vinterberg, l’Orso d’argento per il miglior attore protagonista è andato al giovane tunisino Majd Mastoura protagonista di Inhebbek Hedi, film che si è aggiudicato anche il premio per la miglior opera prima, per la regia di Mohamed Ben Attia. Al polacco Tomasz Wasilewski è andato l’Orso d’argento per la sceneggiatura di Zjednoczone stany Milosci mentre quello per il contributo artistico al direttore della fotografia taiwanese Mark Lee Ping-Bing del film Chang Jiang Tu (Crosscurrent) del cinese Yang Chao.