Le confessioni di Roberto Andò è un film da vedere in primis per la classe che ancora una volta dimostra il regista siciliano nello stare dietro la macchina da presa, il quale attinge alla letteratura di Sciascia e Calvino e al cinema di Tornatore e Petri. Dopo il successo dello spiazzante comico-politico Viva la libertà (2013), in questo suo ultimo film, uscito nelle sale lo scorso 21 aprile, Andò si ispira proprio a Todo modo di Leonardo Sciascia oltre che alle Confessioni di Sant’Agostino per raccontarci gli assiomi della finanza e i dubbi riguardo la fede e lo spirito.
Le confessioni: trama, contenuti e stile del film
In un resort di lusso in Germania, sul mar Baltico, a bordo di una distesa d’acqua gli otto ministri economici del G8 soggiornano in attesa dell’incontro che deciderà il futuro del mondo occidentale, incontro che ha in programma una manovra segreta che potrebbe sconvolgere l’economia mondiale cambiando la storia in maniera drastica. Alla guida del summit c’è Daniel Roché, direttore del Fondo monetario internazionale, che ha invitato anche tre ospiti estranei al mondo dell’economia: una scrittrice di best seller per bambini che sposa la causa di una onlus umanitaria, una rock star e perfino un monaco certosino italiano, Roberto Salus. Roché chiede al religioso, votato al silenzio e alla povertà, di ascoltare la sua confessione, e subito dopo viene trovato morto. Morte per un malore, suicidio o omicidio? Come comunicarla al pubblico? Gli altri partecipanti si chiedono se e come si debba proseguire con la manovra che i ministri avrebbero dovuto varare nel corso dell’incontro.
Roberto Andò avvolge il suo thriller metafisico, traendo spunto da un input narrativo originale, in una rarefatta atmosfera dai toni polanskiani nella ripresa delle inquadrature: il tragico evento rompe l’equilibrio iniziale e fasullo del film e da questo momento comincia la battaglia sulla custodia di Salus del segreto di una confessione, sottolineata dalla notazione claustrofobica che incute un senso di inquietudine e curiosità nello spettatore. Cercando di scardinare i misteri che si celano dietro il potere, il regista costringe i suoi personaggi allo studio e all’osservazione reciproca attraverso i loculi; rifacendosi a Il Divo di Sorrentino, anche ne Le confessioni i potenti di turno si confrontano non solo tra di loro ma anche con la propria dimensione etica che stride con il loro ruolo, in uno spazio asettico. E infatti il terreno dove gioca Andò è proprio quello della morale rappresentato da Salus, monaco enigmatico e privo di sguardi e intenti inquisitore, il quale si limita solamente a raccogliere il senso di impotenza e l’incapacità dei potenti del mondo a portare i loro Paesi fuori dalla crisi.
Sospesa tra reale metafisico, la regia di Andò risulta molto poetica e purtroppo cade in un reiterato susseguirsi di metafore troppo semplicistiche, citazioni e massime ad effetto, complice anche al ritmo troppo statico della pellicola che ad un certo punto mette il freno a mano e sembra accontentarsi del pronunciare l’assunto: alla fine è tutto un complotto degli americani! Degna di nota l’interpretazione di Toni Servillo nel ruolo del certosino di bianco vestito accanto a Pierfrancesco Favino, Connie Nielsen, Marie-Josée Croze, Moritz Bleibtreu, Daniel Auteuil, Julian Ovenden e Lambert Wilson.