Storia della letteratura- Thibaudet. Quale periodo si deve abbracciare per lo studio del romanzo italiano contemporaneo? Fissare i limiti di un periodo storico significa sempre accettare date convenzionali, scelte per opportunità pratica, ma è facile, come afferma Giacomo Debenedetti, che diversi osservatori possano vedere in quella convenziona un arbitrio. Ad esempio è utile oltre che comodo, far cominciare la penultima epoca storica dalla rivoluzione francese; ma quante premesse, quanti fatti dell’età borghese che si sono avverati, si lasciavano fuori con quel taglio crudo che occorreva per ristabilire il punto di inizio dell’anno 1789? Storici rigorosi, come Tocqueville hanno dimostrato quanto quella data convenzionale fosse arbitraria. Esiste inoltre una contemporaneità come sentimento personale e una come valutazione cronologica. Ma contemporaneo vuol dire anche coetaneo e ciò ci lascia concludere che, dovendo studiare un fenomeno letterario contemporaneo, la data di arrivo deve essere quella più vicina possibile.
La data di partenza è sempre problematica, non sempre si riesce a trovare un fatto peculiare, dei segni nella continuità del tempo e per il romanzo, a differenza della poesia, risulta ancora più complesso. Se accettassimo l’idea che il romanzo italiano contemporaneo rientra in un divenire letterario, ci ritroveremo di fronte ai problemi ricorrenti che si ripresentano ogni volta che si tenta di ricostruire un aspetto della storia letteraria.
Tali problemi sono stati esposti con singolare intelligenza ed ingegno dal critico francese, allievo di Henri Bergson e tra i fondatori della cosiddetta Scuola di Ginevra, Albert Thibaudet (Tournus, 1º aprile 1874 – Ginevra, 1936), nella prefazione alla sua Storia della letteratura francese dal 1789 ai nostri giorni, libro uscito postumo.
Sostiene Albert Thibaudet: le Belle Lettere, i libri che si leggono e si gustano, non bastano ancora a fare una letteratura, che è uno Stato, un ordine, una gerarchia, un susseguirsi logico che si stabilisce mediante il ripensamento, la conoscenza sistemica e organizzata di opere e di autori. Lo schema, l’archetipo per eccellenza secondo il critico francese è quello di uno dei discorsi più famosi che siano mai stati scritti in Francia, Il discorso sulla storia universale di Bossuet, diviso in tre capitoli: Epoche, Concatenamento, Imperi.
La divisione per epoche letterarie contraddistingue tali epoche datandole in base ad un importante evento letterario: in Italia, ad esempio, la Divina Commedia o l’Orlando furioso; gli scrittori rivestono un’importanza quando fanno epoca. Trasferendo tale sistema al romanzo contemporaneo, dateremmo questa epoca con Gli indifferenti di Moravia o meglio ancora con Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno di Svevo. Tuttavia il sistema delle epoche opere ad influsso ritardato, si pensi ad esempio a Verga, rivalutato solo dopo la sua morte.
L’altro sistema di ordinamento storico della letteratura è quello che si basa sul concatenamento, il quale cerca di tracciare una storia letteraria costruita in modo che le opere sembrano chiamate ad attuare una certa idea superiore lottando contro ostacoli e difficoltà; in tal senso potremmo considerare la narrativa moderna e contemporanea italiana come una storia del progressivo affermarsi del realismo. Si potrebbe dunque partire da Federigo Tozzi, o da Giuseppe Antonio Borgese con il suo Rubé, il quale, prendensosi qualche rischio, ripropone la dignità letteraria del genere romanzo.
La poetica del realismo è attualmente la più storicamente opportuna, da essa sono nate le opere di maggiore importanza; nel realismo narrativo entrano racconti e romanzi che il vulgar realismus considera astratti, si pensi al Pasticciaccio di Carlo Emilio Gadda.
Il terzo tipo di sistema proposto da Thibaudet per periodizzare una storia letteraria è quello che si fonda su un succedersi di imperi, ciascuno dei quali è rovesciato da una guerra letteraria o da una rivoluzione e al quale succede un nuovo impero. Questo tipo però si può applicare correttamente solo alle grandi estensioni temporali, seppur non privo di suggestioni: il futurismo ad esempio ha rovesciato l’impero della letteratura degli accademici, la nuova poesia quello del dannunzianesimo.
Il sistema di Albert Thibaudet ha molti punti in comune con quello italiano, ma il critico francese, nel trattare un periodo relativamente breve, poco più di un secolo e mezzo, opta per una quarta via: l’ordine per generazioni che, come afferma lui stesso, “ha il vantaggio di seguire più da vicino il procedere della natura, di coincidere con maggiore fedeltà con il cambiamento imprevedibile e la durata viva, di meglio adattare alle dimensioni ordinarie della vita umana, la realtà e il prodotto di un’attività umana”, quale è appunto la letteratura. In questo modo, si troverà più facilmente la data di partenza del romanzo italiano contemporaneo: siamo nel 1960, sottraendo i 30 anni della presente generazione, si troverebbe come data di inizio il 1930, anno infatti che concerne il romanzo italiano. Ritroviamo intorno a questo anno fatti e opere capaci di fare epoca: la riscoperta di Svevo nel 1925, l’uscita degli Indifferenti nel 1929.
La domanda qui sorge spontanea: perché in quel momento si è potuto rivalutare il fino ad allora ignorato Italo Svevo? Semplicemente perché era nato nei critici quel gusto del romanzo che nello scrittore triestino era innato.
Bibliografia: G. Debenedetti, Il romanzo del Novecento.