Breaking News
Home / Critica letteraria / Walter Pedullà. La costruzione del discorso culturale
Walter Pedullà

Walter Pedullà. La costruzione del discorso culturale

Il giovane Walter Pedullà era assistente di Giacomo Debenedetti. Appariva già come modello di un rapporto vivo, dinamico, amoroso con i libri: veniva indicato come uno che leggeva “tutto”. Interrogando nei libri la vitalità del presente, riconoscendo in essi le persone, il gioco dei rapporti, degli intrecci, delle possibilità, facendone gli emblemi di un mondo aperto e vitale, di una realtà che tutti
allora sentivamo in movimento verso nuovi orizzonti, verso combinazioni esaltanti.

Ci muoviamo con il tempo e misuriamo il tempo con la passione ed il destino della letteratura. Con il suo lavoro di critico militante e di professore, Walter Pedullà ha saputo fondere insieme come pochi insegnamento e militanza, con la sua instancabile capacità di richiamare le giovani generazioni alla passione per il farsi della letteratura, per le sue sempre diverse e sempre vitali configurazioni.

Fornendo sempre ai suoi ascoltatori e lettori l’assicurazione che immergersi nella letteratura sia qualcosa che ha a che fare con le passioni, i piaceri, i desideri, le gioie, i disastri dell’esistenza individuale e collettiva, privata e pubblica, personale e politica. Dietro ai libri c’erano e ci sono gli scrittori, persone reali, affascinanti o bislacche, che stanno in mezzo alle cose, che si incontrano, si frequentano, si parlano, discutono, litigano, amano e odiano, cercano qualcosa nello spazio del mondo. Walter Pedullà ha saputo farlo immettendo spontaneamente dentro il suo stesso insegnare la sua capacità di essere in rapporto vivo con gli scrittori, di sentire molti scrittori contemporanei come vicini e amici, di dialogare continuamente con loro e con le loro opere.

Pedullà ha sempre vissuto i rapporti umani e intellettuali con un senso dinamico dello scambio personale: ha sempre saputo sentire la letteratura in situazione – qualcosa che chiama in causa i momenti concreti, la fisicità stessa del linguaggio e della realtà che esso interroga e cerca.

Tutti gli impegni pubblici di Pedullà non si sono posti sempre come dirette manifestazioni del suo senso della cultura come concretezza vitale, come “fare” che mette in gioco le persone, che si proietta sulla scena del mondo.

La sua partecipazione agli sviluppi della neoavanguardia, questo entusiasmo; l’aspirazione ad un mondo abitato dalla gioia e dal desiderio, un mondo collocato “più in là”, ma senza perdere le cose che anche qui, nonostante tutto, ci fanno amare la vita. Anche affacciato al “negativo” non scompare la proiezione verso qualcosa di felicemente “altro”.

Walter Pedullà ha guardato al modello del suo grande maestro Giacomo Debenedetti per la sua passione totale per la letteratura e per la sua configurazione umana. Pedullà ha saputo trovare un’affermazione, ha saputo riconoscere una scommessa per una felice configurazione del mondo. Pedullà ha ricordato come in Debenedetti l’acume intellettuale e la disponibilità di lettore si radicassero in una postura esistenziale, in un proiezione psichica e fisica dell’attenzione e del pensiero, in una sofferta interrogazione del destino della letteratura come cifra del destino esistenziale e del destino del mondo.

Walter ha fatto valere la lezione del maestro in una sua personale configurazione: la critica di Debenedetti resta avvolta nella sua distanza elegante, nella sua sofferta problematicità, come un una gestione “tragica” della propria densità stilistica, e resta in definitiva radicata nella lacerazione, nel “negativo”, quella di Walter Pedullà proietta l’orizzonte problematico della contemporaneità verso quella spinta vitale di cui tende sempre ad estrarre dal negativo e dalla contraddizione delle acquisizioni di energia, di apertura cordiale e fidente.

“Sia sempre militante il critico o lo storico letterario che voglia scoprire ciò che mette d’accordo per sempre il testo con il lettore”: Walter Pedullà, si è sempre mantenuto fedele a questa massima che coniuga il rigore del metodo e della vocazione “pedagogica” all’intervento in prima linea nelle ripetute battaglie tra gli integrati e i fautori del nuovo.

All’ampio respiro storiografico dei profili organici sulla letteratura novecentesca si accompagna, nei suoi studi, la perizia nell’arte del ritratto, spesso anamorfico e pluriprospettico, come si conviene all’habitus critico del lettore di professione e del saggista di forte temperamento, che si prende le dovute libertà e non si fa scrupolo di lasciar cadere dalla penna impertinenze.

Walter Pedullà costruisce pazientemente un discorso culturale in senso lato e lo governa di forza nella prospettiva politica che ne risulta. La letteratura del benessere non comporta licenze critiche né celebrazioni di glorie avventizie, ma si testimonia dell’onestà e della concretezza di un approfondimento verticale, incalzante e severo, forte d’antichi umanismi e appassionato del nuovo.

Anziché elaborare una teoria, e al di là dell’apparenza di un bilancio, Pedullà propone un protagonismo intellettuale che s’assume i dati sparsi di un panorama culturale, richiamati ad un confronto individualizzante che li vivifica, lo fornisce di un senso che solo parzialmente detengono, li costruisce alla fine di una esperienza complessiva di critico militante.

Il critico calabrese non vuole perdonare chi “contrabbanda per amore della poesia un pusillanime redditizio e solo incosciente disimpiego ideologico e culturale”, ma indica significativamente nella presenza politica e nell’attenzione ferma alla realtà sociale i compiti precipui dell’intellettuale.

“L’irrinunciabile valore della ragione” si esercita sempre più torturando testi altrimenti muti, sia che scelgano di negarsi, sia che approdino a “un’inutile prevaricazione al silenzio”, negandosi di fatto, con la rinuncia alla propria storia. Il debito riconosciuto nei confronti di Debenedetti costituisce un punto di riferimento sicuro, e si rinnova quotidianamente come ossequio di un magistero irripetibile e affascinante, decisivo al punto di determinare la propria continuazione. Per Pedullà è sempre più evidente che l’opera non può acquisire i suoi significati e la sua completezza che con la collaborazione invadente del critico, il quale si trova ad essere l’unico scrittore non dimidiato, l’unico continuatore della grande letteratura, capace di reintrodurvi la passione politica e morale, la razionalità e la storia.

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

Check Also

Tasso

Ritrovamenti eccellenti. Nella Real Biblioteca di Madrid rinvenuti Madrigali autografi di Torquato Tasso a Carlo Gesualdo dallo studioso italiano Diego Perotti

Una preziosa testimonianza inedita è venuta alla luce nella Real Biblioteca di Madrid grazie alle ricerche di Diego Perotti, classe 1990, laureato presso l’Università degli Studi di Verona in Lingue e Culture per l’Editoria e Lingustics e attualmente dottorando in Filologia, Letteratura e Scienze dello Spettacolo presso l’Università di Verona e in Études Italiennes presso l’Université Sorbonne Nouvelle, nonché membro del Centro Scaligero degli Studi Danteschi, e dell’editorial board del Tasso in Music project. Si tratta del manoscritto II/3281 (sigla Br), un codice composito di pagine a stampa e carte manoscritte di Torquato Tasso; l’esemplare fu allestito presso la Stamperia Reale di Napoli nel 1808 a cura dello storiografo capuano Francesco Daniele e donato a Giuseppe I Bonaparte re di Spagna.