Anche quest’anno, come di consueto, il Teatro La Fenice Di Venezia è stato la fastosa cornice della 55esima Edizione del Premio Campiello 2017. Le cinque opere prescelte dalla Giuria dei letterati composta, da Federico Bertoni, Philippe Daverio, Chiara Fenoglio, Paola Italia, Luigi Matt, Ermanno Peccagnini, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Lorenzo Tomasin, Roberto Vecchioni ed Emanuele Zianto e presieduta dall’attrice Ottavia Piccolo, sono state sottoposte al giudizio dei trecento letterati.
Al quinto posto si è posizionato con 12 preferenze La ragazza selvaggia di Laura Pugno (Marsilio); Il quarto posto con 13 voti è stato conquistato da La notte ha la mia voce di Alessandra Sarchi (Einaudi); terzo posto con 25 voti per La città interiore di Mauro Covacich (La nave di Teseo); il secondo posto con 99 preferenze è andato a Qualcosa sui Lehman di Stefano Massini (Mondadori); il primo posto con 133 voti è stato conquistato da L’arminuta di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi);
Nel corso della serata è stato tributato anche il premio Campiello Giovani ad Andrea Zancanaro con Ad ognuno il suo mostro e il premio alla carriera a Rosetta Loy. Vincitrice del Premio Campiello – Opera Prima è Un buon posto dove stare di Francesca Manfredi (La nave di Teseo).
L’Arminuta di Donatella di Pietrantonio conquista il Premio Campiello 2017
Sembra inarrestabile il successo di Donatella di Pietrantonio. La combinazione romanzo-riconoscimento sembra ormai essere una consuetudine nella carriera letteraria dell’odontoiatra-scrittrice abruzzese: il suo romanzo d’esordio Mia madre è un fiume è stato fregiato dal Premio letterario Tropea 2011, tre anni dopo, il suo secondo romanzo Bella Mia ha vinto il Premio Brancati. Oggi la scrittrice conquista il Premio Campiello 2017 con L’ Arminuta.
Il romanzo racconta in maniera avvolgente, avvalendosi di una scrittura essenziale, a tratti scarna e aspra, la dolorosa storia di una ragazzina che all’età di 13 anni scopre improvvisamente di essere stata adottata. Quelli che lei credeva fossero i suoi veri genitori, le rivelano di averla ricevuta ancora lattante da una famiglia di parenti povera e numerosa. Una volta confessata la verità, i genitori adottivi decidono di restituire la bambina alla famiglia biologica. Da qui inizia “una sorta di discesa negli inferi”: la bambina, orfana di due madri viventi, è costretta ad abbandonare i suoi affetti, i genitori, gli amici per ritornare in questa famiglia per lei sconosciuta e ritorna nel piccolo paese abruzzese dove è nata.
“Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere”, così si legge nel romanzo. Ma l’Arminuta, come la chiamavano i compagni si apprestata a ricostruirsi una nuova vita. Di questa nuova vita fa parte la sorella Adriana, grazie alle quale riesce a superare quel senso di estraneità che le era cucito addosso. E’ il romanzo dell’abbandono ma anche della “sorellanza”. Quello della maternità, stagliato sullo sfondo abruzzese, è un topos per la scrittrice: ricorre in tutti e tre i suoi romanzi con sfumature diverse.
L’Arminuta è un romanzo di formazione: le due sorelle crescono insieme e cercano di riapprovarsi della propria identità. Sapere chi si è, ma soprattutto di chi si è, come ha affermato la Di Pietrantonio dopo la sua vittoria.