Andrea Lombardi, è tra i massimi studiosi di Céline, appassionato di storia e letteratura del Novecento, è curatore del primo sito italiano tutto dedicato a Louis-Ferdinand Céline ed è corrispondente per l’Italia della Société des Lecteurs de Céline. Tra le opere da lui curate ricordiamo Ernst Jünger nelle tempeste d’acciaio della Grande Guerra. Un compendio documentale e fotografico sull’esperienza di guerra del Tenente Ernst Jünger nel primo conflitto mondiale di Nils Fabiansson (Genova 2024), Grande ospizio occidentale di Eduard Limonov (prefazione di Alain de Benoist, Milano 2023), Profeti inascoltati del ‘900. Sessantasei personalità fuori dagli schemi illustrate dai disegni di Dionisio di Francescantonio e da approfondimenti di intellettuali, scrittori e critici d’arte (con Miriam Pastorino, prefazione di Vittorio Sgarbi, Genova 2022), Louis-Ferdinand Céline. Un profeta dell’Apocalisse (prefazione di Stenio Solinas, Milano 2018-2022), Céline contro Vailland (con uno scritto di Giampiero Mughini, Massa 2019), Nausea di Céline di Jean-Pierre Richard (Firenze 2019), Louis-Ferdinand Céline. Il cane di Dio di Jean Dufaux e Jacques Terpant (prefazione di Stenio Solinas, Milano, 2018), La morte di Céline di Dominique de Roux (prefazione di Marc Laudelout, Roma 2015) e Céline ci scrive. Le lettere di Louis-Ferdinand Céline alla stampa collaborazionista francese, 1940-1944 (prefazione di Stenio Solinas, Roma 2011).
I tesori ritrovati di Louis-Ferdinand Céline curati da Lombardi, è una avvincente ricostruzione del “giallo” del ritrovamento degli inediti di Céline, dal loro furto da parte dei Maquis francesi nell’estate del 1944 a Parigi alle vicissitudini successive e alla loro pubblicazione, per poi passare a una attenta analisi dei testi e della loro datazione e discutendone la rilevanza nel contesto dell’opera céliniana.
Questo prezioso documento della Société des Lecteurs de Céline, mostra come Céline fosse il contemporaneo delle principali rivoluzioni narrative del periodo tra le due guerre, quelle di Proust, Joyce, Faulkner, Kafka, e Virginia Woolf. Innovatore stilistico, “denudatore” di uomini, disincantato testimone del Novecento, Cèline non poteva non intrigare uno studioso scrupoloso e appassionato come Andrea Lombardi il cui intento è quello di far conoscere lo scrittore francese in tutte le sue sfaccettature: il Céline della cronaca, della memoria, del romanzo, del pamphlet, della messa deliberata in questione della linearità del racconto al fine di proporre una rappresentazione del viaggio che trova la propria fonte di legittimazione nello sguardo allucinato di chi racconta. Cèline è la fuga dalla Francia liberata verso il nord Europa intesa come concatenazione logico-razionale di eventi, e dunque come sola garanzia di verità, Cèline è l’autoassoluzione, Cèline e la Storia, Cèline e gli ebrei, Cèline e la guerra, a proposito della quale spese le seguenti parole in cui lo stesso Lombardi si rispecchia:
“Se tutti gli uomini volessero non andare in guerra, è molto semplice, dovrebbero dire: <<Non ci vado>>. Ma hanno il desiderio di morire, è un desiderio; c’è una misantropia nell’uomo […]”
1 Céline non era un letterato di professione. Si può dire che le lacune letterarie gli hanno consentito di non essere influenzato da maestri e modelli?
Louis Destouches, in arte Céline, nato nel 1894 a Courbevoie a Parigi fu un uomo dalle molte vite, corazziere nella prima guerra mondiale, addetto all’ambasciata francese a Londra, direttore di piantagioni in Africa, membro di una commissione sanitaria della Società delle Nazioni, medico di periferia e bohemien nel milieu artistico di Montmartre, prima di diventare scrittore di successo – e al suo primo libro pubblicato, il Viaggio al termine della notte – in età relativamente avanzata nel 1932. Tuttavia, anche se la sua biblioteca personale andò dispersa in parte nel 1944, quando dovette abbandonare Parigi con sua moglie Lucette Almansor, e parte nel secondo dopoguerra nell’incendio della loro ultima residenza a Meudon, Louis Destouches fu un avido lettore anche prima del suo “diventare Céline”, sia di letteratura scientifica data la sua professione medicale e curiosità intellettuale, che di saggi di storia e filosofia e romanzi: ne lascia traccia nei suoi libri e interviste, dove cita spesso classici francesi come Racine, Rabelais, Molière e molti altri romanzieri anche poco conosciuti del ‘600 e ‘700, o stranieri come Shakespeare.
2 Quale Céline vuole presentare, qual è il principale aspetto inedito scaturito dai suoi studi?
Diciamo che da quando nel 2007 aprii il mio blog su Céline non mi sono mai posto come obiettivo in quale modo “presentarlo”, ma di proporre traduzioni di interviste, lettere e scritti di Céline, non tanto scritti di terzi su Céline. Quindi credo che l’aspetto principale scaturito dai libri da me curati negli anni successivi sia stato il presentare al pubblico italiano una visione più ampia e sfaccettata di Céline, della sua opera e della sua vita.
3 Cosa l’ha immediatamente colpita di Céline la prima volta che lo ha letto?
Al di là delle sue innovazioni stilistiche, dell’argot dei suoi primi due romanzi, del vortice picaresco del Ponte di Londra, della petite musique e della Finis Europae della Trilogia del Nord, il Céline che preferisco è quello di Mea Culpa – più che negli altri pamphlet, lì è proprio solo contro tutti. Lì mette veramente l’uomo davanti a se stesso, e non è un bello spettacolo.
4 A cosa servono i romanzi di Céline? Qual è la loro utilità per la vita di ognuno di noi, anche per chi non è appassionato di letteratura e non ha mai letto un libro?
Come scrivo nella prefazione al mio Louis-Ferdinand Céline Un profeta dell’Apocalisse. Scritti, interviste, lettere e testimonianze (Bietti, Milano 2018-1022), conobbi Céline, come molti, attraverso il Viaggio al termine della notte, leggendolo piuttosto da giovane, quindi nella migliore condizione perché questo libro mi mostrasse la vita per quella che è – questa è l’utilità dei romanzi di Céline, di un disincantato testimone del Novecento, di cui conobbe, visse e a volte subì tutte le maschere. Dopo, si è troppo cinici, troppo furbi, troppo stanchi, per capire a fondo Céline.
5 Dove secondo lei Céline “rende meglio”, nel vernacolo o nelle frasi cesellate?
Sicuramente Viaggio al termine della notte, con la sua scrittura in francese popolare e argot e il suo equilibrio trapezistico tra tragico e ironico è uno dei romanzi meglio riusciti, ma Céline stesso lo volle superare stilisticamente prima provandoci con Morte a credito, e riuscendoci poi, passando attraverso il vortice di invettive e di scrittura emozionale dei pamphlet e le varie versioni di Guignol’s Band e Féerie pour un autre fois, con quel durissimo lavoro di alto artigianato sulla musicalità della parola parlata, con le sue pause e le sue enfasi, trasposta nel bidimensionale dell’inchiostro su carta della “Trilogia del nord”: Da un castello all’altro, Nord e Rigodon.
6 “Viaggio al termine della notte”, “Morte a credito”, “Il dottor Semmelweis”, “Trilogia del nord”, fino al recente inedito “Guerre”. Dove si manifesta in tutta l’essenza artistica e umana Céline?
Artisticamente e umanamente a mio parere il vertice è tra il Viaggio e Mea Culpa, artisticamente la Trilogia, mentre nell’inedito Guerra le prime pagine sono forse le più autentiche biograficamente: la descrizione del dolore, dell’orrore e dello choc della ferita e del campo di battaglia e della terra di nessuno ricoperta di feriti e morenti non sono quelle delle trasposizioni letterarie delle esperienze biografiche di Céline tramite i suoi alter ego romanzeschi Bardamu o Ferdinand, ma sono proprio quelli dell’appena ventenne Maresciallo Destouches, solo e disperato contro l’assurdità della guerra come milioni di altri giovani come lui allora nel 1914, e per tutta la storia del mondo.
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