Domenico Dara, classe 1971, finalista del Premio Italo Calvino 2013, tornerà in libreria il 6 ottobre, dopo aver mostrato il suo Breve Trattato sulle coincidenze a tutta Italia. Lo fa con Appunti di meccanica celeste (Nutrimenti), un titolo seducente, che fa già scalpitare il pubblico. L’autore ci ha anticipato qualcosa riguardo il suo ultimo lavoro a due anni dal successo del Breve Trattato.
– Ciao, Domenico. Sono passati due anni dalla pubblicazione del “Breve trattato sulle coincidenze”. Vorresti, o meglio, riusciresti a fare un bilancio delle emozioni di questo brillante periodo d’esordio?
Sono stati due anni intensi, straordinari, per alcuni versi inattesi. Ho conosciuto tanta gente, ho avuto il privilegio di parlare a molti del mio libro, e soprattutto è maturata una consapevolezza che prima non avevo. È bello fare i conti con abitudini che prima erano solo timide proiezioni di vita.
– Il protagonista del tuo primo capolavoro, il postino di Girifalco, ha conquistato lo Stivale. Il 6 ottobre, invece, vedrà la luce “Appunti di meccanica celeste”. Dobbiamo aspettarci un appeal ugualmente potente?
Alla luce del successo del Breve trattato sono consapevole della difficoltà rappresentata dal secondo lavoro. Non so se l’appeal è ugualmente potente, non spetta a me affermarlo, ma spero che i lettori che hanno apprezzato la prima opera apprezzeranno anche gli Appunti. Vivo questa seconda uscita con molta serenità: non mi sento affatto sotto esame, e non c’è mai stato un attimo in cui ho fatto confronti in termini qualitativi con il Breve trattato. Ho scritto un libro che mi piace, e questo è ciò che conta.
– “Appunti di meccanica celeste”. Un titolo, come ci stai piacevolmente abituando a constatare, particolare, romantico, quasi solipsistico ed ossimorico. Ti andrebbe di esplicarlo, anche in maniera vaga, astratta, surrealistica?
Il titolo fa riferimento a un personaggio particolare, Archidemu Crisippu, lo stoico, che dalla sua finestra che dà sulla piazza principale del paese, osserva le genti muoversi convincendosi che anche gli uomini si muovono come corpi celesti, seguendo traiettorie e orbite già tracciate. Si devono a lui i frequenti accostamenti tra le azioni umane e le leggi dell’universo.
– E dunque, che storia ci hai riservato, per questa tua nuova fatica? Puoi anticiparci qualcosa?
I protagonisti sono sette personaggi colti in un momento in cui la loro vita è come sospesa, stagnante: Lulu il pazzo che vaga per il paese suonando le foglie e aspettando il ritorno della madre; Archidemu Crisippu schiacciato dai sensi di colpa per il fratello scomparso; l’epicureo don Venanzio, amatore sopraffino; Cuncettina ‘a sìcca, che sospira al figlio mai nato; Angeliaddu che desidera il padre che non ha mai avuto, Mararosa che maledice Rorò per averle rubato l’amore della vita. Notte di San Lorenzo, tutti e sette esprimono un desiderio sulla stessa stella cadente. Il giorno dopo, richiamato forse da quei desideri ogni anno gli stessi, arriva a Girifalco un circo diverso dal solito, una carovana avvolta da un’aura incantata, un corteo di elefanti e domatori, trapezisti, lanciatori di coltelli e illusionisti. La novità scuote la gente ed eccita gli animi, e cambierà per sempre le sorti dei sette protagonisti del romanzo.
– L’ambientazione del tuo primo romanzo è stata la tua cara Calabria, precisamente la magica Girifalco degli anni Sessanta. In quale teatro onirico si muoveranno i tuoi nuovi personaggi? E qual è, in breve, tra tutte, la creatura che ti ha soddisfatto maggiormente?
I sette protagonisti vivono e abitano ancora una volta a Girifalco, ma in anni più vicini ai nostri. Di loro non saprei sinceramente indicare chi mi sta di più a cuore poiché in tutti riconosco una parte di me, posso però affermare che il più difficile da gestire è stato lo stoico Archidemu, un personaggio complesso, vero continuatore del postino pensatore.
– Col tuo Breve trattato, hai impressionato anche con la tua abilità di sedurre lettori di ogni dove, con un lessico sapientemente costellato di termini ed espressioni dialettali girifalcesi. Quello degli Appunti, è lo stesso Dara, o il registro è cambiato?
Il registro è rimasto invariato, poiché mi sembra impossibile scrivere una storia a Girifalco senza mutuarne il linguaggio. Ho dunque optato ancora una volta per la formula che mescola italiano e dialetto, anche se quest’ultimo è stato utilizzato con più parsimonia rispetto al Breve trattato.
– Focalizza i tuoi lettori del Breve Trattato. Visualizza, poi, chi non è ancora stato iniziato ai misteri delle tue pagine. Un messaggio per gli uni, ed uno per gli altri . . .?
A coloro che hanno letto il Breve trattato apprezzandone la storia, i personaggi e il linguaggio, posso dire che non resteranno delusi. Per chi invece non conoscesse ancora ciò di cui stiamo parlando, è l’occasione giusta per entrare in un mondo che, ne sono certo, non li lascerà indifferenti.
Se è vero che, per dirla con un insegnamento del nolano Bruno, si raccoglie ciò che si semina, l’augurio a Domenico Dara e al suo Appunti di meccanica celeste è quello di continuare a seminare, ancora e ancora. Ad maiora semper!