La malnutrizione sembra essere un problema eterno che, oggi come ieri, riguarda una mole sempre più numerosa di persone, bambini in primis. C’è chi si impegna a raccontare cosa accade nel mondo e chi prova davvero a fare qualcosa di concreto.
Il giovane ricercatore Vincenzo Armini sta lavorando attualmente al progetto NutriAfrica e crede fermamente che molto si possa fare per rivoluzionare le condizioni di vita in alcune zone tristemente note per casi di MAS e conseguente mortalità.
Dedizione e sacrificio sono sicuramente armi vincenti, assieme alla tenacia e alla forza di volontà. Ma tutto questo non basta, per cambiare le cose servono fondi.
1. La prima domanda da cui credo sia necessario cominciare, almeno per chi non mastica la materia, è: Che cos’è esattamente un RUTF?
Penso sia una domanda del tutto pertinente! RUTF è un acronimo che sta per “Ready-to-Use Therapeutic Food”, cioè Alimento Terapeutico a Rapido Utilizzo. Si tratta di una pasta molto simile al burro d’arachidi, con proprietà nutrizionali avanzate per supportare il miglioramento delle condizioni di salute dei bambini al di sotto dei 5 anni affetti dalla Malnutrizione Acuta Severa (MAS). In particolare, si adopera per curare gli stati lievi e intermedi della MAS, senza complicazioni cliniche, direttamente in villaggio, al fine di sfollare gli ospedali e consentire al personale sanitario di occuparsi dei soli casi con complicanze.
2. Ci parli dell’idea su cui sta lavorando. Innanzitutto, cosa l’ha spinta ad intraprendere questa strada, non facilmente percorribile, della ricerca?
La ricerca cui sono appassionato è quella vecchio stampo, pionieristica rispetto a nuovi filoni, ambiziosa, ma soprattutto votata al miglioramento effettivo delle condizioni di vita degli esseri umani. Oggigiorno, invece, assistiamo sempre di più all’affermazione di una ricerca tecnocratica e mecenatistica, dove si deve enucleare in partenza quali siano gli obiettivi, con annesse le spese previste per raggiungerli, pena il non finanziamento da parte dell’operatore pubblico europeo e/o del privato coinvolto. E’ tutto calendarizzato, programmato, settorializzato, spezzettato, incastonato in compartimenti stagni, dove la speculazione intellettuale e tecnica della ricerca sono messe molto, molto indietro. Dunque, mi sono convinto di portare avanti quanto iniziato durante la mia Tesi Magistrale su un prototipo alternativo di RUTF, facilmente riproducibile direttamente in loco, dove c’è bisogno, con una tecnologia produttiva semplice ed efficace. Senza mecenati alle spalle. Senza soldi. Senza sponsor. Mi sono presentato al concorso di dottorato di ricerca in Scienze Agrarie e Agroalimentari nel 2014 e ho vinto. Da allora, ho dovuto fare i salti mortali per trovare i mezzi per proseguire, ma non demordo.
3. Crede che oggi il mondo si stia dimenticando di quei problemi che da sempre lo affliggono come, appunto, la malnutrizione? Quali sono le aree maggiormente colpite da questa patologia?
Credo che alla globalizzazione dei mercati debba necessariamente fare da contraltare la globalizzazione dei diritti e l’accesso agli alimenti è uno di quelli primari per gli esseri umani. Il mondo è concentrato sempre di più a focalizzare l’attenzione sul profitto e sull’efficienza, spersonalizzando le menti e le professionalità, depauperando di creatività e inventiva le arti e i mestieri. Stiamo andando verso una direzione perversa e alienante, in cui ciascuno di noi non pensa più per conto proprio, ma adoperando degli strumenti preconfezionati. Attualmente, nel mondo circa 800 milioni di persone sono malnutrite e di queste 160 milioni sono bambini, soprattutto nella zona Sub-sahariana ed equatoriale in Africa e nel sud-est asiatico.
4. Quanto è stato fatto dalla Medicina fino ad ora per affrontare il problema della malnutrizione? In Uganda, dato che ha avuto modo di verificare con i suoi occhi ciò che nemmeno immaginiamo, lo affrontano? E in che modo?
Il punto è che la Medicina fa quel che può, nel proprio ambito di operatività. Oggigiorno, con l’alimentazione artificiale per i soggetti con complicazioni cliniche, è possibile avere ottime speranze di recupero per le persone affette da MAS, a meno che non siano persone affette da patologie molto gravi in stato avanzato. In Uganda, si fa quel che si può, ma come è lecito immaginare, le strutture adibite al recupero della MAS con complicanze sono carenti e, spesso, fatiscenti. Il vero problema è una distribuzione troppo disarmonica della ricchezza e delle opportunità. Bisognerebbe lavorare soprattutto su quello e la nostra idea è proprio provare a insistere su questo aspetto: su un’emancipazione effettiva e sulla sostenibilità.
5. Perché dovremmo credere nel suo progetto e finanziarlo?
Il progetto è basato sulla piena sostenibilità economica della tecnologia produttiva presso i paesi in via di sviluppo, per cui si tratta di un approccio innovativo, dal momento che non si persegue una strada assistenzialistica, bensì costruttiva e concreta.
6. Fino ad adesso, che tipo di risposta ha avuto dalle persone? Insomma… come sta andando?
Sono piacevolmente sorpreso dalla risposta dei donatori che hanno, in poco più di tre mesi di lavoro, contribuito alla raccolta di 6.640 euro (ultimo dato aggiornato a oggi, 26/03/2017). Pur essendo ancora abbastanza lontani dal nostro obiettivo di 50.000 euro, siamo fiduciosi di raggiungerlo in tempi non troppo larghi.
Saluto l’esaustivo Vincenzo e lascio qui di seguito, per i lettori interessati a contribuire alla realizzazione del progetto, la pagina facebook dedicata alla Raccolta Fondi NutriAfrica : https://www.facebook.com/raccoltanutriafrica/?fref=ts