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Nicola Santini
Nicola Santini by Guido Stazzoni

Nicola Santini, il galateo è soprattutto una questione di buon senso e rispetto

<<La buona educazione di un uomo è la miglior difesa contro le cattive maniere altrui>>, diceva Lord Chesterfield e senza dubbio l’esperto italiano di bon ton Nicola Santini incarna meglio di molti suoi suoi colleghi questa massima che dovrebbe andare a braccetto con quella di Sartre nella quale senza dubbio si rispecchia la concezione che Nicola Santini ha del galateo: Le buone maniere sono una forma superiore di intelligenza.

Nicola Santini promuove la concezione del bon ton come anche come una questione di buona spiritualità e attenzione verso gli altri, con ironia e grande competenza. Toscano d’origine, si divide tra Milano e Trieste, spesso è nella sua Toscana, a Pietrasanta, dove si rilassa e ammira e colleziona opere d’arte della Galleria Susanna Orlando.

Giornalista schietto e sincero, firma del quotidiano L’Identità di Tommaso Cerno, Nicola Santini è anche conduttore e inviato TV, dispensatore di consigli utili in contesti particolari, Santini è stato anche attore nella fiction RAI la Porta Rossa. Estimatore della giornalista fuori dal coro Mariagiovanna Maglie (scomparsa da poco), di cui ha sempre ammirato il modo di porsi e di esprimersi e del principe Carlo Giovanelli, Santini spiega con semplicità e sarcasmo che il galateo non è appannaggio di una categoria sociale, anzi bacchetta con garbo chi ritiene che solo ricchi e nobili possano conoscere le buone maniere; per Santini è soprattutto una questione di buon senso, di rispetto, e di sentirsi a proprio agio, non di disponibilità economica. In barba agli ostentatori e ai classisti che spesso risultano pacchiani.

Se qualcuno sostiene che la conoscenza delle buone maniere implichi solamente un esercizio, un modo come tanti per distinguersi dagli altri, dovrebbe conoscere Nicola Santini per capire come tale disciplina, così come tutte le altre, può essere declinata in diversi modi.

Foto di Guido Stazzoni

Per comprendere meglio cosa sono le buone maniere oggi, e di conseguenza appassionarsi all’attività di Nicola Santini, può essere utile ricordare il dilemma di Schopenhauer:

«Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, con il calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione».

Proprio questo è il cuore del pensiero che il vero Galateo e Santini vogliono suggerire: semplicemente una giusta distanza.

Venuti meno nel tempo i contenuti etici e politici, si è lasciato spazio alla manualistica, che al contenuto primario ha spesso sostituito concetti perbenisti, tesi a una frammentazione della società. In quest’ottica, purtroppo molti consigli vengono ribaltati nel loro significato, confondendo la galanteria con il maschilismo, intendendo i rapporti tra due generi e non tra due persone, proponendo la tavola come luogo di esibizione di tovaglie, piatti, posate e bicchieri, anziché quale campo d’azione dell’ascolto e della conversazione.

Tra manuali di galateo e contro-galateo, è fondamentale come ritiene Santini, considerare il galateo come un approccio alla vita concentrato sulla tradizione, intesa come cultura condivisa, focalizzata sull’attenzione verso l’altro. Qualche progressista potrebbe obiettare che le buone maniere sono fluide (parola chiave di questo momento storico) e soggette a cambiamenti, ma come insegna Santini, è importante conoscere questi codici e la tradizione per poi migliorarle per dare risposte alle necessità del vivere insieme, garantendosi una maggiore libertà di azione.

Se a tavola il galateo ci rende finti e ipocriti ma interessanti, nascondendo quanto bene pensiamo di noi stessi e quanto male degli altri, l’acume e il buon senso dovrebbero farci capire che la buona educazione non sta tanto nel non versare della salsa sulla tovaglia, ma piuttosto nel non mostrare di accorgersene se un altro lo fa. Ed questo il pensiero che sta alla base dei consigli di Nicola Santini, validi per tutti, mostrando come tali consigli non sono degli sterili codici di comportamento, bensì una giusta distanza tesa a non ferire e non essere feriti, come già si proponeva nel 1869 Luigi Gattini nel Galateo popolare: <<conservare la tranquillità e l’unione>>, indicazione che non dovrebbe mai passare di moda.

Le buone maniere sono un linguaggio capace di comunicare in modo efficace il nostro pensiero. Senza dubbio Nicola Santini il suo lo comunica in modo giocoso, con grande competenza e passione, senza risultare mai pesante o noioso.

 

 

1 Verso la fine dell’Ottocento la ferma convinzione che il concetto di identità di popolo e di nazione combaciassero, indusse molti a considerare i manuali di convivenza sociale un utile strumento pedagogico per la formazione degli italiani che, sebbene ancora privi di una propria patria, erano però pronti ad averne una. Inizialmente, dunque, i libri di Galateo ebbero sia la funzione di smussare le differenze di censo sia quella di supporto per la creazione di un’immagine unitaria del popolo italiano. Credi che l’obiettivo sia stato raggiunto?

 

Direi di no, per un semplice fatto: a quell’epoca l’analfabetizzazione era tale da far pensare come impossibile lo studio di qualsivoglia manuale da parte anche solo del ceto medio. Diciamo che in quel periodo si è iniziato a delineare un Galateo italiano, che però a livello identitario è arrivato molto molto dopo. A partire dal guardaroba ma anche dalla tavola. In alcune regioni si continuava a mangiare alla francese o all’austriaca a seconda dell’ultima dominazione.

 

2 Che valore ha oggi il galateo? Chi ci tiene davvero?

 

Purtroppo per molti il Galateo non è altro che un accessorio o un abito, non una seconda pelle. Questo perché qualcuno ha sfruttato rudimenti di etichetta per operazioni commerciali senza comprendere la radice delle regole e la loro utilità. Chi ci tiene davvero è chi non fa di tutto una questione di soldi e, men che meno, di moda. E non sono pochi, ma essendo elegantemente silenziosi, non si notano. Per fortuna.

 

3 Le buone maniere hanno ancora a che fare con la morale?

 

Con la morale, forse, col moralismo mai.

 

4 Qual è il comportamento che non riesci a sopportare?

 

Chi predica bene e razzola male, ma più in generale chi predica. Poi non sopporto tutto ciò che è fine a se stesso, senza un pensiero a monte e chi chiede consigli solo per avere un benestare, ma il consiglio in realtà non gli interessa.

 

5 Anni fa hai fatto consulenza a Palazzo Grazioli; celebri sono diventate le foto di Dudù, Berlusconi e Putin. Che ricordo hai di Silvio Berlusconi, che “maniere” erano le sue, in privato? E che cosa pensi abbia lasciato dal punto di vista comunicativo e relazionale?

 

Berlusconi era una persona molto premurosa nei confronti della gente intorno a lui. Faceva sentire tutti a proprio agio, considerati e questa è una delle regole più importanti del galateo: essere e mettere chiunque a proprio agio in modo naturale, in qualsiasi circostanza. Purtroppo penso abbia lasciato ben poco. Era un numero primo, non si è concentrato su un’eredità di modi e di idee. E chi lo ha circondato era interessato a tutto tranne quello.

 

6 Il galateo insegna ai politici l’arte di cambiare idea con classe. Si deve essere voltagabbana con stile altrimenti si ha l’impressione di essere solo di fronte ad un volgare opportunista? Il come spesso fa l’essere? Non pensi sia semplicemente un comportamento ingannevole, finto, furbo?

Si può evolvere senza per questo essere voltagabbana. Certo l’evoluzione richiede dei tempi. E dei motivi. Il “come” è il modo che si sceglie per vestire di credibilità ciò che si fa di fronte alla gente che non ci conosce e non può comprendere magari tutti gli step che hanno portato a un cambiamento. Quanti sono quelli che fanno così? Quasi nessuno.

 

7 La principale differenza sul bon ton tra gli statunitensi e gli europei? Qualche esempio?

 

Gli americani non amano l’antipasto o l’aperitivo, si siedono e vogliono mangiare subito, per poi intrattenersi a lungo dopocena, cosa che noi non facciamo. Poi gli orari: le cene che iniziano alle 18 per noi sono inconcepibili.

 

8 Come valuti la comunicazione politica attuale, la trovi efficace, incisiva?

 

Giorgia Meloni parla in modo chiaro, con efficacia, senza fronzoli. Renzi nella comunicazione è un fuoriclasse. Calenda sembra sempre vivere in un modo tutto suo con le parole degli altri, che non conosce. Sugli altri c’è poco da dire.

 

9 Per quanto riguarda i social, non trovi che molti politici abbiano perso dell’autorevolezza lasciandosi andare a polemiche a distanza e a battutine sui social come un qualsiasi influencer?

 

Sì. I social sono sfuggiti di mano un po’ a tutti.

 

10 Nel documentario Netflix The social dilemma si fa un’apologia della censura. Con la scusa dell’ascesa “pericolosa” dei populisti, l’élite progressista e creativa della Silicon Valley in questo documentario si pente del mostro socio-culturale che ha creato e che gli è sfuggito di mano. Nulla di nuovo, ma secondo te se il prodotto non siamo noi, è possibile che le piattaforme abbiano il potere di cambiare il nostro comportamento?

 

Sì, perché ci hanno misurato a scambiare i like per consenso.

 

11 Con la scusa di smetterla di infrangere la vulnerabilità psicologica delle persone, (e qui parliamo di razzismo, bodyshaming, omofobia) non si finirà per mettere in piedi una commissione di vigilanza per impedire la diffusione di qualsiasi idea che diverga dall’igienismo morale predicato da questi guru in nome della buona educazione, d’altronde già si è cominciato con la correzione dei libri di Agatha Christie, ad esempio.

 

E’ già così. E se non è fascismo questo…

 

12 Sei un appassionato d’arte. Quali artisti prediligi?

Ho imparato a guardare quadri in modo diverso grazie alla gallerista Susanna Orlando che mi ha insegnato ad attivare le opere d’arte, a posizionarle in modo che la luce le esalti. Frequento spesso mostre e  prediligo e colleziono artisti qual Giuseppe Biagi, che recentemente ha esposto “Astrale” alla Galleria Orlando, il friulano Giacomo Piussi, il toscano Nicola Lazzari, il siciliano Pino Pinelli, l’emiliano Gianni Manganelli.

 

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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