Dopo le prime, storiche, incisioni per la Sun Records di Sam Phillips, l’allora vent’enne Elvis Presley era già un uomo da 35.000 dollari. Tale infatti è la somma sborsata dalla RCA per accaparrarsi la voce, le movenze, i diritti e l’istinto del giovane artista di Tupelo. Questa manciata di registrazioni effettuate per la piccola label di Memphis, unitamente alle prime incendiarie esibizioni nei teatri locali, avevano, infatti, contribuito a ridefinire i parametri della musica giovanile degli Stati del Sud. Del resto Elvis aveva delle caratteristiche che nessun cantante fino ad allora aveva mai posseduto. La sua sensualità debordante, la sua abilità nel “tenere” il palcoscenico, la capacità di catalizzare l’attenzione di occhi e orecchie suscitando veri e propri fenomeni d’isteria collettiva unitamente alla voce più sexy mai udita, lo trasformano ben presto in una icona il cui impatto sulla cultura americana è paragonabile, per forza ed effetto, solo al terremoto di San Francisco del 1906.
“Prima di Elvis il mondo era in bianco e nero. Poi è arrivato… ed ecco un grandioso technicolor”. (Keith Richards)
Il passaggio alla RCA segna la definitiva consacrazione del giovane Presley (consentendo alla Sun Records di sopravvivere ancora qualche anno; quel tanto che basta per lanciare altri “mostri sacri” quali Johnny Cash, Carl Perkins, Jerry Lee Lewis e Roy Orbison) ed il suo trionfale ingresso nello star system. La nuova casa discografica, intelligentemente, per cercare di riprodurre il clima di spontaneità che regnava nel piccolo studio di Memphis, lascia praticamente carta bianca al cantante arrivando ad affiancargli perfino gli stessi musicisti che lo hanno accompagnato nelle prime prove davanti al microfono (Scotty Moore alla chitarra e Bill Black al contrabbasso). I risultati non sono però elettrizzanti. L’aria che si respirava nelle stanze della grande multinazionale, probabilmente impediva ad Elvis di lavorare con la scioltezza sia fisica che mentale sfoggiata alla corte di Sam Phillips tanto che, nel disco d’esordio, intitolato semplicemente Elvis Presley, sono contenuti brani registrati qualche anno prima nella sua città natale. Nonostante tutto la furia iconoclasta della nuova stella giovanile esce fuori in tutta la sua potenza dai microsolchi di questa epocale opera prima.
Da Blue Suede Shoes ad I Got Woman, da Just Because a Tutti Frutti, da Blue Moon a Money Honey, quest’album rappresenta la quint’essenza del rock, la fonte primigenia da cui nascerà la musica popolare della seconda metà del XX secolo. Pubblicato nel marzo del 1956 diventa il primo disco della storia a vendere un milione di copie. La storica copertina, con il nome del cantante in lettere rosa e verdi, viene ripresa da un’ infinità di gruppi (i Clash in London Calling, Tom Waits in Rain Dogs, K.D.Lang in Reintarnation solo per citarne alcuni) diventando un oggetto di culto. Ma non è di certo solo il fascino della copertina o la bravura del cantante a farne una pietra miliare. La sua forza sta nell’essere l’indiscusso trait d’union tra bianco e nero, tra melodia ed istinto, tra country e blues ovvero le due grandi anime della musica americana. Una commistione rarissima, quasi un miracolo di fronte al quale non si poteva in alcun modo restare indifferente, nel bene o nel male. Inoltre si può dire che Elvis Prelsey sia stato il primo disco di un giovane per i giovani, concepito e dedicato ai teenager, che fino a quel momento erano praticamente ignorati dall’industria discografica. Una vera e propria rivoluzione copernicana dopo la quale niente sarà più come prima.