Gli ultimi cento anni del millennio appena conclusosi sono stati, senza dubbio, i più prolifici per la storia dell’uomo (nel bene e nel male). Enormi balzi in avanti sono stati fatti in ogni campo. Lo sbarco sulla luna, le guerre mondiali, la bomba atomica, la penicillina, l’automobile, l’elettricità, cose oggi abbastanza scontate ma che erano pura fantascienza soli 150 anni fa. La cultura non ha potuto rimanere insensibile a cambiamenti di tale portata. La musica, in particolar modo, ha subito dei mutamenti epocali grazie all’avvento dei mezzi di comunicazione di massa (o mass media). Il nastro magnetico, il giradischi, le musicassette, la televisione ma soprattutto la radio, hanno ridisegnato confini e competenze dell’ ambito musicale. L’invenzione di Guglielmo Marconi ha sdoganato l’arte dei suoni dagli ambienti colti in cui era relegata nell’ 800 (teatri, salotti e quant’altro) portandola in tutte le case e rendendola popolare. Da passatempo per pochi, pochissimi eletti a fenomeno globale. La possibilità di raggiungere gli ascoltatori in ogni angolo del globo ha aperto degli scenari inimmaginabili fino a qualche anno prima. Milioni di persone hanno potuto conoscere il messaggio poetico e rivoluzionario di Bob Dylan, la magnificenza dei Beatles, la rabbia dei Nirvana, la depressione dei Cure, il blues dei Rolling Stones o le oniriche visioni dei Pink Floyd. E’ stato possibile scuotere coscienze e stimolare avvenimenti importanti come accadde per il Festival di Woodstock del 1969, i concerti sull’Isola di Wight del 1970, il Concerto per il Bangladesh del 1971 o, più recentemente, il Live Aid. L’avvento della radio ha fornito a tutto l’universo musicale la concreta possibilità di cambiare il mondo attraverso la creazione di miti, leggende, sogni e passioni, contribuendo, così, a forgiare l’identità collettiva del XX secolo.