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“Teaser And The Firecat”: gli acquerelli di Cat Stevens

Teaser And The Firecat- Island-1971
Teaser And The Firecat- Island-1971

Nel 1970 Cat Stevens era uno dei cantautori più popolari e rappresentativi della sua generazione. Dopo la pubblicazione di Tea For The Tillerman, autentico best seller era, francamente, difficile fare di meglio. La sua delicata poetica fatta di critica sociale, umori ecologisti, sussurri amorosi unita a scintillanti melodie di stampo pop scala le classifiche e proietta l’artista nell’Olimpo del rock. Father And Son, Wild World, Where Do The Children Play? Diventano immediatamente dei classici immortali capaci di superare ogni confine spazio-temporale. Perfettamente logico prevedere un calo, una battuta d’arresto o comunque un prodotto più deludente quale seguito di questo indiscutibile capolavoro. Invece la sua ispirazione è talmente prolifica da fargli concepire, comporre e pubblicare un album diverso e forse anche migliore del precedente. Tra enormi aspettative Teaser And The Firecat esce nell’ottobre del 1971 con lo stesso titolo di un libro di fiabe per bambini ideato, scritto ed illustrato dallo stesso Stevens (inutile cercarlo, è fuori catalogo dalla metà degli anni ’70). La copertina dal sapore vagamente naif disegnata dall’autore (come quella di Tea For The Tillerman del resto) presenta i protagonisti, un buffo bambino con un cilindro viola ed il suo gatto rosso, che, tanto nel libro quanto nel disco, devono riportare in cielo la luna precipitata improvvisamente sulla terra. Le atmosfere sono oniriche, sognanti, venate di un sottile misticismo grazie anche ad arrangiamenti prettamente acustici che tratteggiano melodie sobrie, delicate, simili a filastrocche che ben si adattano alle caratteristiche dei due strambi personaggi. I testi assumono una forte connotazione poetica che si esprime attraverso giochi di parole, metafore e figure retoriche in grado di essere comunque assimilati e compresi da qualunque ascoltatore. Grazie a questa apparente semplicità Cat Stevens riceve critiche pesanti che vengono subito zittite dall’imponente successo di pubblico.

“Cat è diventato un artista affidabile, un buon artista, ma lui sembra essere uno di quei compositori che non si sviluppa, che non è in grado di sorprendere” (Timothy Crouse- Rolling Stone-1971)

La dolente auto confessione di The Wind, le mediterranee Rubylove e Tuesday’s Dead (con il bouzouki greco in bella evidenza), la delicatissima If I Laugh, fino alla leggendaria rielaborazione dell’inno cristiano Morning Has Borken (impreziosita dal piano di Rick Wakeman), alla meravigliosa Moonshadow ed alla veemente Peace Train, attestano il grande valore artistico dell’album.

Cat Stevens live 1971
Cat Stevens live 1971

La peculiarità di questo lavoro sta nel fatto che Cat Stevens riprende la ricerca delle radici europee della sua musica (è sempre andato fiero delle sue origini greche, il vero nome è Steven Demetre Georgiou) iniziata con Mona Bone Jakon e per la prima volta compare una spiccata attenzione nei confronti di tematiche religiose che caratterizzerà il resto della sua carriera fino alla clamorosa conversione all’Islam del 1977. Un album dunque che è una riflessione su se stesso, una riflessione sul mondo e sulla natura, una riflessione del rapporto tra se, il mondo, la natura e l’assoluto. C’è ottimismo, pacatezza, euforia, serenità, emozioni tipiche della persona che ha trovato la strada giusta per essere in pace con l’universo. Mancano le considerazioni sulle brutture del quotidiano, sui tormentati rapporti intergenerazionali, sulla violenza, sulla morte, sul’amore non corrisposto o sui rapporti uomo/donna. Non ci sono tematiche politiche o sociali, non c’è denuncia o esortazione, non ci sono proteste o prese di posizione ma solo le lucide sensazioni in forma di canzone di un uomo che ha cominciato a guardare la sua anima e ciò che la circonda con occhi differenti. Piccoli tesori di redenzione adatti ai bambini di tutte le età. E va bene così.

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