In ricordo di Keith Emerson
In questo annus horribilis per il rock è da segnalare la scomparsa, il 10 marzo scorso, di Keith Emerson, forse il miglior pianista, tastierista, organista (insieme a Rick Wakeman) dell’intero panorama musicale del secondo dopoguerra. Geniale, istrionico, raffinato, spettacolare (leggendarie le coltellate inflitte sul palco al suo organo Hammond), tecnicamente inarrivabile, Keith Emerson è stato paragonato più volte a Jimi Hendrix per le innovazioni, i suoni e le soluzioni armoniche apportate allo strumento. Gran compositore, arrangiatore e produttore è stato capace di unire i tumulti del rock alle suggestioni classiche diventando immediatamente un gigante del progressive rock. Innovatore, sperimentatore, è stato un pioniere nell’utilizzo del sintetizzatore Moog da lui immediatamente trasformato in un classico per milioni di tastieristi. Non va però dimenticata la sua folgorante parabola musicale cominciata con i T-Bones, proseguita egregiamente con i Nice e culminata nel trionfo degli EL&P con cui diventa una superstar ed assurge a gloria imperitura. E’ proprio con uno degli album del più celebre supergruppo degli anni ’70 che intendo omaggiare Keith Emerson: il magnifico Trilogy. Pubblicato nel luglio del 1972, è l’album in cui il sound del gruppo assume la sua forma definitiva grazie allo sviluppo di suggestioni musicali già presenti in Tarkus (1971) e Pictures At An Exhibition (1971).
“Se fossi costretto a scegliere un solo album dal catalogo di ELP, allora probabilmente sarebbe Trilogy, Questo disco fu registrato nel momento in cui ispirazione e affiatamento all’interno della band erano al massimo: suonavamo in trio da un arco di tempo sufficiente a formare la nostra precisa identità musicale” (Greg Lake)
La monumentale suite The Endelss Enigma prende buona parte del lato A. Divisa in tre movimenti, Part.1, Fugue e Part.2, vede in grande evidenza la batteria tonante di Carl Palmer e le inarrivabili divagazioni pianistiche di Emerson. Di stupefacente bellezza tecnica, questo pezzo mette in mostra le grandissime doti dei tre musicisti capaci, di riprodurre le suggestioni di un’orchestra sinfonica. La stupenda ballata From The Beginning evidenzia le voce di Greg Lake e le sue qualità di bassista-chitarrista, dando vita ad pezzo dilatato, sognante e malinconico.
La sincopata The Sheriff introduce una grandissima rivisitazione di Hoedown, brano di Aaron Copland, che diventerà un classico delle esibizioni live del gruppo. La mastodontica title-track è il capolavoro pianistico di Keith Emerson che qui mette in mostra tutto il suo genio, giocando con le note e gli effetti, supportando magnificamente il cantato lunare di Lake e l’energia percussiva di Palmer. Il rock di Living Sin traghetta verso Abbandon’s Bolero che con il suo maestoso crescendo chiude il disco. Si tratta di un disco difficile che necessita della conoscenza approfondita di linguaggi musicali distinti, quali il jazz, l’honky tonk, la musica classica, per essere capito ed apprezzato fino in fondo. La bellezza è indubbia ma si tratta di un opera di difficile digestione che certamente può non colpire al primo ascolto. Tuttavia le vendite sono enormi e le recensioni entusiastiche. I concerti diventano l’occasione per milioni di fan di vedere le pirotecniche esibizioni degli EL&P, fatte di luci, spettacolo e milioni di note. Emerson diventa un guru del rock capace di incantare chiunque con la potenza delle sue performance la magia del suo organo. Subito dopo Trilogy il gruppo si perderà, nonostante la fama, in scelte sbagliate e cali di creatività finendo inevitabilmente per sciogliersi nel 1979. I vari progetti solisti non porteranno i tre ai traguardi raggiunti negli anni ’70, relegandoli al mito di una stagione musicale eccezionale ed esaltante e, soprattutto adesso che Keith Emerson se n’è andato, probabilmente irripetibile.