Si è spento il 20 gennaio scorso, all’età di 91 anni lo scrittore e germanista francese che si è sempre tenuto lontano dalla mondanità e dagli ambienti editoriali, esponente del realismo magico, Michel Tournier. Tournier ha vissuto la sua gioventù a Saint-Germain-en-Laye e a Neuilly-sur-Seine. La sua educazione è intrisa di cultura francese, influenzata dalla musica e dal cattolicesimo e poi segnata anche brevemente dalla cultura tedesca. I suoi primi lavori sono stati nel mondo della radio e della televisione come giornalista, ha condotto la trasmissione “L’ora della cultura francese”, ha lavorato per la radio Europe 1 e collaborato con <<Le Monde>> e <<Le Figaro>>. Nel 1967 ha pubblicato il suo primo romanzo Venerdì o il limbo del pacifico ed è stato premiato con il Grand prix du roman della Académie française. Il libro è una rivisitazione del personaggio di Robinson Crusoe coniugato al pensiero di Jean-Jacques Rousseau.
Quattro anni dopo Tournier riscrive una versione per bambini. Nel 1970, ottiene il Prix Goncourt all’unanimità, per il cupo ed inquietante romanzo Il re degli ontani, storia del perverso gigante Abel Tiffauges ambientata nella Germania del Terzo Reich e del nazismo. Nel 1972, diventa membro dell’Académie Goncourt. Nel 1975 pubblica il suo terzo romanzo Le Meteore. Nel 1958 si trasferisce a Choisel un paesino nell campagna di Chevreuse. «Per amore della società» – ha sempre affermato- «ho abitato a Parigi in mezzo a quella folla indistinta in un palazzo dove non conoscevo neanche il nome dei vicini. Qui almeno conosco le poche persone che incontro, ci parliamo, abbiamo un rapporto umano». Da Gaspare, Melchiorre e Baldassarre a Gilles e Jeanne, fino ad Eleazar ovvero la sorgente e il roveto e a Pierrot e i segreti della notte, Tournier pur vivendo lontano dal mondo e distaccato dal mondo, è riuscito a conquistare un’enorme popolarità grazie alla potenza dei suoi libri e al rapporto con i lettori. Ha sempre sostenuto che la cosa più importante per lui fosse il lettore come dimostra questa dichiarazione: “È per lui che scrivo. Mi capita spesso di pensare a lui quando sono seduto alla scrivania. Questa scena gli piacerà, sarà contento, o commosso. Questo mi basta per essere felice”. L’universo delle sue storie è popolato dal mito, dalla religione, dalla magia, dalla realtà e dalla fiaba: tutto si mescola in un tumulto immaginifico che rende così caratteristica la sua narrativa. mai come ora sembra così attuale e colma di senso la sua frase: «Il mio proposito non è d’innovare nella forma, ma di far passare in una forma il più tradizionale, preservata e rassicurante possibile una materia che non possiede alcuna di queste qualità».
Un grande visitatore di testi classici, un mitografo che turba, Michel Tournier, che non ha mai temuto di indagare nel profondo, di sondare il mistero, mescolando suggestive atmosfere orientali con riflessioni filosofiche sulla natura, sulla fede, sul valore della cultura occidentale, né di andare contro le ideologie correnti, riservando parole forti e dure verso chi consente l’aborto e schierandosi contro la legge Gayssot che punisce le dichiarazioni razziste, antisemite e xenofobe, ritenendo che bisognasse invece salvaguardare la libertà d’espressione, altrimenti «un fatto storico si trasforma in un atto di fede la cui negazione diviene una blasfemia».