Il mondo dell’Editoria si trova oggi a dover affrontare un fenomeno controverso che minaccia di cambiare radicalmente il mercato del libro: il self publishing, espressione che letteralmente significa “autoedizione”, ovvero la pubblicazione in proprio di un libro da parte dell’autore, senza la figura della casa editrice come mediatore, un fenomeno frutto della semplificazione e della disintermediazione del mercato editoriale. Perlopiù il self publishing è circoscritto al mercato degli ebook e dunque a dispositivi e-reader come il Kindle o il Kobo, anche se molti autori self con l’aggiunta di un investimento economico ricorrono anche alla tradizionale distribuzione cartacea. I vantaggi del selfpublishingsono evidenti: l’accorciamento dei tempi di pubblicazione, di solito molto lunghi se ci si affida a una casa editrice, il massimo controllo su tutte le fasi di produzione e vendita, dato che l’autore diventa imprenditore di se stesso, e un maggiore rientro economico sulle vendite: infatti la percentuale che spetta allo scrittore sale dal solito 10% al 30%-80%.
Quale tipologia di autore sceglie il self publishing al posto dell’editoria tradizionale? Di solito o chi non ha trovato riscontro da parte di nessuna casa editrice, oppure chi possiede uno spirito imprenditoriale e una certa disponibilità finanziaria, visto che trasformare un manoscritto in libro è un processo che richiede tempo, esperienza e denaro, elementi che di solito vengono forniti dalle case editrici ma che se si agisce in proprio bisogna fornire in prima persona. Per prima cosa è necessario contattare un editor, per la correzione del testo, un grafico, per creare la copertina, e in seguito i canali di pubblicità, per sponsorizzare il libro. Il self publishing si è rivelato un fenomeno molto più complesso di quello che si crede, un percorso che, se intrapreso con consapevolezza e serietà da parte dell’autore, non si limita al mero caricamento gratuito di un file su Amazon.it e allo spam selvaggio sui canali social. Ma se da una parte il fenomeno dell’autoedizione appare come la diretta conseguenza della volontà di farsi conoscere da parte degli autori emergenti, spesso non presi in considerazione da parte delle grandi case editrici, diffidenti nei confronti di chi non possieda già una fetta di pubblico, dall’altra parte la mancanza di un marchio che autentica la qualità del prodotto-libro rischia di abbassare il livello delle opere pubblicate, spesso prive del benché minimo lavoro di editing e di correzione bozze.
Il self publishing si configura dunque come una grande opportunità, soprattutto se usato come vetrina per farsi conoscere dagli scout delle grandi case editrici (è il caso del romanzo Miradar di Ilaria Mavilla, pubblicato prima in self e in seguito da Feltrinelli), ma bisogna intraprendere questo percorso consci dell’impegno e della responsabilità di occuparsi personalmente di ogni aspetto della pubblicazione. Se l’autore self è interessato, oltre alla pubblicazione digitale, anche a quella cartacea, può prendere in considerazione i siti di print on demand. Il maggiore portale italiano per l’autoedizione è Ilmiolibro.it, nato a metà del 2008, con oltre trentacinquemila autori pubblicati ad oggi, che bandisce annualmente un progetto di scouting letterario, “Ilmioesordio”, che promette al vincitore la pubblicazione con Newton Compton. A differenza dell’editoriatradizionale, il self-publishing elimina il problema di dover cedere, anche se temporaneamente, i propri diritti sull’opera, spesso senza avere in cambio l’ adeguata pubblicità e la dovuta attenzione da parte dell’editore per vendere il libro sui maggiori canali distributivi, soprattutto nel caso degli editori che pubblicano a pagamento dato che il loro rientro economico è già assicurato dal numero di copie acquistate dall’autore per contratto.
Il self publishing divide spesso l’opinione dei lettori e degli addetti ai lavori, soprattutto sulla questione della concorrenza al mercato editoriale tradizionale. Bisogna comunque evidenziare che gli autori self non possiedono la stessa visibilità degli autori promossi dalle grandi case editrici, i cui libri sono in vetrina in qualsiasi libreria, e la loro notorietà spessosi limita al web. Quindi vedrei il self publishingpiù come un mercato alternativo e come un trampolino di lancio per chi ha talento e non riesce ad emergere altrimenti, che come una forma di concorrenza. Tutti gli altri autori, più che abbassare il livello dell’editoria nazionale, semmai verranno risucchiati dal mercato e scompariranno senza lasciare traccia. Dal fenomeno del self-publishing sono venuti fuori talenti come Amanda Hockinge e John Locke, casi ovviamente rari, ma interessanti.