Lo baciai, cercando di riportarlo indietro. Lo baciai e tenni le labbra contro le sue finché i nostri respiri si mescolarono e le lacrime che sgorgavano dai miei occhi diventarono sale sulla sua pelle, e mi dissi che, da qualche parte, minuscole particelle del suo corpo sarebbero diventate minuscole particelle del mio, assorbite, inghiottite, vive, eterne. Volevo imprimere anche il più piccolo pezzettino di me contro di lui. Volevo lasciare qualcosa di mio dentro di lui. Volevo dargli ogni briciolo di vitalità che sentivo e costringerlo a vivere. Mi resi conto che avevo paura a vivere senza di lui. <<Com’è che tu hai il diritto di distruggere la mia vita>> volevo chiedergli <<ma io non ho voce in capitolo nella tua?>>. Ma avevo fatto una promessa.
Leggere Io prima di te (Mondadori, 2013) della scrittrice britannica Jojo Moyes può essere per molti giovani lettori un’esperienza letteraria di passaggio. Ci si può impiegare settimane prima di trovare il coraggio di mettere per iscritto la portata delle emozioni che è in grado di suscitare la lettura di questo libro tanto osannato nella reta che prilifera di e-book Young Adult parecchio stereotipati. Ed Io prima di te l’impronta la lascia, eccome. La copertina può trarre in inganno. Lo sfondo rosa e la ragazza in primo piano fanno pensare ad un romanzo rosa, una commedia leggera già letta e riletta.
Io prima di te racconta la storia di una comune ragazza inglese, né colta, né speciale, né bellissima. Louisa Clark è fidanzata da sette anni con un uomo che ormai non ama più, con il quale sta assieme quasi esclusivamente per abitudine. Ha perso il lavoro ed è in cerca di un nuovo impiego per aiutare la famiglia, in gravi condizioni economiche, ad andare avanti. Dopo una serie di esperienze lavorative disastrose si imbatte in un annuncio promettente: si cerca una donna che funga da ‘dama di compagnia’ per un ricchissimo uomo tetraplegico. Dato che l’impiego non prevede conoscenze infermieristiche pregresse, Louisa si reca al colloquio e inaspettatamente ottiene il lavoro. Viene scelta per la sua simpatia e la sua parlantina, indispensabili per allietare le giornate di Will Traynor, trentacinquenne depresso e costretto su una sedia a rotelle, scorbutico e intrattabile, privo ormai della voglia di vivere.
Per Will, giovane e affascinante manager della City, abituato agli sport estremi e alla bella vita, adattarsi alla condizione di tetraplegico è stato ancora più difficile che per un qualsiasi altro paziente. La voglia di indipendenza e l’impossibilità di fare anche solo una delle cose che amava lo hanno reso un emarginato, un uomo burbero sempre chiuso in casa che ha rotto i ponti con tutti i suoi amici e chiunque gli ricordasse la sua vecchia vita. Il rancore e il senso di impotenza sono ben trattati nel romanzo, così come l’angoscia e la paura per il proprio incerto futuro. Louisa, allettata dal lauto salario, accetta subito il lavoro, ma rimane incuriosita dalla durata del suo contratto: solo sei mesi. Scoprirà ben presto che Will Traynor, dopo un tentativo di suicidio fallito, ha stretto un patto con la madre: le ha concesso sei mesi di tempo prima di ricorrere al suicidio assistito presso una rinomata clinica svizzera. Ecco la reale motivazione di quella stramba offerta di lavoro; Louisa infatti ha il compito di portare un po’ di vitalità nella ormai squallida esistenza di Will Traynor invogliandolo a vivere, nonostante la tetraplegia, nonostante tutto.
La ragazza entrerà a forza nella vita di Will, andando contro le sue reticenze, il suo sarcasmo, le sue cattive maniere, facendo breccia nel muro di inavvicinabilità che l’uomo ha eretto attorno a sé, prima con l’amicizia poi con un sentimento più forte. L’allegria contagiosa di Louisa, caricata dall’autrice rendendola quasi un personaggio comico (vedesi anche i suoi discutibili gusti in fatto di abbigliamento), riuscirà a riportare Will nel mondo esterno ma, inaspettatamente, sarà lui a ‘insegnare’ a lei a vivere, a trasmetterle quell’audacia che tutti dovremmo avere nell’affrontare la vita giorno per giorno, attimo per attimo, cogliendo ogni momento come fosse l’ultimo. I personaggi sono delineati quanto basta, approfonditi sì, ma lasciando sempre alcune domande inespresse (un libro in fondo per metà lo scrive l’autore e per metà il lettore).
Lo stile è fluido e scorrevole, con parti volutamente più lente per dare l’idea della vita monotona e ripetitiva che si respira nella dépandance di Will, tra lo scetticismo iniziale di lui e l’incapacità di lei di relazionarsi con un uomo che non vuole relazionarsi con nessuno. Il finale facilmente intuibile sin dall’inizio, ma non per questo meno intenso e commovente quando arriva. Io prima di te è un libro che distrugge. Forse perché nella sua semplicità e leggerezza non ci si aspetta una riflessione così forte sulla vita e la morte, sulla libertà di scelta dell’individuo portata fino all’estremo. Quello che ci si chiede è: fino a che punto la vita è degna di essere vissuta? Nel romanzo non si dà una risposta a questa domanda, ma si afferma espressamente che a volte, purtroppo, l’amore non basta a guarire ogni cosa e che si può aiutare solo chi vuole essere aiutato, come afferma lo stesso Will:
«So che la maggior parte della gente pensa che vivere nelle mie condizioni sia praticamente la cosa più terribile che possa capitare, ma potrebbe anche andare peggio. Potrei finire per non essere più in grado di respirare da solo o di parlare, oppure avere dei problemi circolatori che potrebbero implicare l’amputazione degli arti. Potrei essere ricoverato per un tempo indefinito. La mia non è una gran vita, Clark, ma quando penso a quanto potrebbe peggiorare certe notti resto disteso sul letto e mi manca il respiro. Deglutì. E sai una cosa? Nessuno vuole sentir parlare di tutto questo. Nessuno vuole sentirti dire che sei spaventato, o che soffri, o che hai paura di morire per colpa di qualche stupida infezione presa per caso. Nessuno vuole sapere come ci si sente a essere consapevoli che non farai più sesso, non mangerai mai più il cibo che hai cucinato con le tue stesse mani o non potrai più tenere tuo figlio tra le braccia.Nessuno vuole sapere che qualche volta mi sento così intrappolato su questa sedia che ho soltanto voglia di gridare come un pazzo al pensiero di trascorrere un altro giorno inchiodato qui. […] Tutti vogliono vedere il lato positivo. Hanno bisogno che io veda il lato positivo. Hanno bisogno di credere che esista un lato positivo».
L’animo sentimentale di molti è profondamente in conflitto con questo concetto, ma in certe questioni, come è giusto che sia, il giudizio deve restare sospeso. Quello che è certo è che Io prima di te non si dimentica, e qualsiasi libro leggerete subito dopo vi deluderà inevitabilmente.