A piccoli passi e in punta di piedi entriamo, con “La moglie magica”, in una realtà quotidiana. Violenza, soprusi, gelosia e ossessione. Nulla di queste parole può legarsi a ciò che dovrebbe essere un amore. Dolcezza, protezione, forza, comprensione, sostegno. Questo dovrebbe essere, questo non è quasi mai.
Mariangela è protagonista de La moglie magica. Una giovane donna che presto lascia il suo paesino d’origine per la promessa di un amore eterno, ricco di forza e speranza. Un amore che si consuma ben presto, un amore che la consuma senza lasciarle scampo. Lascia la provincia per la Milano bene e si trasferisce in un’elegante palazzina liberty di Via Eustachi. La sua bellezza, spensieratezza e voglia di vivere. conquistano molto presto tutti gli abitanti del palazzo. I suoi occhi, quella “magia” a essa legati, nascondo un segreto, nascondono dolore. Ma questo dolore a un nome e mani e gesti e parole ben precise. Tutto nasce da lui, Paolo. Un marito che le aveva promesso una vita agiata, che le aveva giurato fedeltà e rispetto “finchè morte non vi separi”.
Ma le cose cambiano in fretta. L’amore, se mai lo sia stato, si trasforma in ossessione. Una gelosia senza confini che sfocia in una violenza brutale. Perché la violenza non potrà mai essere definita in un modo diverso. Non sarà mai possibile accostare questa parola ad altra che abbia un significato diverso dalla brutalità.
Ed è così che accade. Come se osservassimo una scena da lontano. Quasi come se la cosa non ci appartenesse. Come se quello schiaffo non fosse per noi. Un piccolo colpo, poi un altro e un altro ancora. Fino a quando ciò che un tempo eravamo non esiste più. Siamo oggetti, lo diventiamo, la nostra voglia di vivere, la nostra forza, non esistono più. Siamo niente. E Mariangela lo sa. Quel soprannome che ha accompagnato la sua vita, “magia”, fin dalla prima infanzia, ormai non esiste più. Le parole si susseguono, Mariangela non ha più forza. Paolo ha preso la sua vita stringendola e annientandola dopo quel primo gesto di atroce crudeltà.
Cosa spinge una donna ad accettare in silenzio uno schiaffo, un pugno, un calcio, una mazza da baseball…; è forse paura di reagire, di ribellarci? O forse di restare sole? Forse crediamo che quello sia amore? Ma quale amore è sinonimo di violenza? Non lo so, forse non lo capirò mai. Ma poi qualcosa cambia. Mariangela cambia. Un ultimo gesto. Quell’ultimo atto di sopruso verso un’anima dolce, delicata, pronta a vivere la vita fino all’ultimo istante, fino a quell’ultimo respiro. Ora è pronta a combattere, a riprendersi quel soprannome e con esso la sua vita.
Sveva Casati Modigliani (“Singolare femminile”, “Qualcosa di buono”, “Donna d’onore”), pseudonimo di Bice Cairati, entra ancora una volta nell’universo femminile. In quel mondo che a molti ancora sembra incomprensibile ma che richiede solo rispetto. Ancora un romanzo in vetta alle classifiche, ancora un mondo da sfogliare, vivere, per capire, per non commettere gli stessi errori, per imparare cosa sia l’amore, cosa sia la vita.
Accusata di aver scritto una storia breve, poco incisiva e non emozionante come i suoi precedenti lavori, l’autrice ha affermato al Salone del libro di Torino che, nelle sue intenzioni il libro doveva essere molto più lungo ma poi, man mano che scriveva,le è risultato troppo doloroso e faticoso parlare della sua protagonista, questa donna maltrattata, averci a che fare ogni giorno, che non è riuscita ad andare a fondo, a raccontare ogni aspetto della sua triste e attualissima storia. Ha addirittura pensato di non finirlo, fino a quando non ha avuto “l’illuminazione” del finale. Questione di sensibilità. Questo racconta La moglie magica.
Concludiamo con una citazione che tutti dovremmo tenere sempre in mente. Parole che portano in se una verità che non tutti sono pronti a comprendere. Una verità che Mariangela capirà prima che sia troppo tardi: La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci. (Isaac Asimov, Fondazione, 1951)