“Una per il dolore, due per la gioia, tre per una ragazza. Tre per una ragazza. Mi sono bloccata al tre, non riesco a proseguire. Ho la testa piena di suoni e la bocca impastata di sangue. Tre per una ragazza. Le gazze ridono, si prendono gioco di me con il loro gracchiare. Una schiera di gazze, cattivo presagio. Adesso le vedo, nere contro il sole. Non sono gli uccelli, è qualcos’altro. Sta arrivando qualcuno, mi dice qualcosa. Adesso guarda: ecco cosa mi hai costretto a fare”.
La ragazza del treno della londinese Paula Hawkins (Piemme, 2015) è stato presentato dai media nelle ultime settimane come il giallo dell’estate, la classica ‘lettura sotto l’ombrellone’ che dovrebbe rilassare, divertire e appassionare al tempo stesso, niente di troppo pesante da far rimpiangere i giorni in ufficio. Ma in realtà quello che ne viene fuori è un grosso flop, dal finale fin troppo prevedibile sin dalla metà del libro. La storia, sul filone del film Gone Girl, è un giallo, basato sulla scomparsa di una giovane donna; la narrazione è in prima persona,vista da tre punti di vista: Megan, la vittima, una ventinovenne, sposata e bellissima, una donna la cui vita all’apparenza sembra perfetta; Rachel, ovvero ‘la ragazza del treno’, un’alcolista divorziata e disoccupata, il cui unico diversivo nell’arco della giornata è osservare le vite degli altri dal finestrino del treno usato dai pendolari che ogni giorno vanno in ufficio a Londra dall’hinterland della capitale; e Anna, giovane donna, moglie e madre, sposata con l’ex marito di Rachel, che rimpiange i giorni passati a fare l’amante. Rachel, un giorno, assiste a una scena dal finestrino del treno (riferimento davvero mal riuscito ad Assassinio sul treno di Agatha Christie), ovvero Megan affacciata al terrazzo di casa sua intenta a baciare un uomo che non è suo marito.
Il giorno dopo Megan scompare nel nulla. È così che Rachel vede disintegrarsi il castello di falsità che si era costruita attorno all’idea della ‘coppia perfetta’, Jess e Jason, ovvero i nomi che aveva dato nella sua fantasia a Megan e al marito. Ma la loro vita assieme era tutt’altro che perfetta, se si scava solo un po’ più a fondo, ed è proprio quello che Rachel vuole fare. Le indagini personali che svolge rappresentano per lei un diversivo dalla sua vita ormai distrutta e dal bisogno di alcool. Entra in contatto con il marito di Megan e riesce a scoprire chi era ‘l’altro uomo’, ma la polizia non da credito alle sue supposizioni perché in quanto alcolizzata è una testimone poco attendibile. Attorno a questa vicenda si svolge anche una trama parallela, quella di Anna e Tom, l’ex marito di Rachel, che vivono nella stessa via della ragazza scomparsa, e che da anni subiscono continue ingerenze nel loro rapporto da parte di Rachel, che ancora non si è rassegnata alla fine del suo matrimonio. Ne La ragazza del treno ogni personaggio nasconde qualcosa. Nessuno è esente da giudizi, non appena si scava un po’ più a fondo. Né Rachel, che non si sa bene se inserirla tra le vittime della depressione o tra coloro che sono stati gli unici artefici del loro male. Né Megan, che dovrebbe essere rappresentata come la martire per eccellenza, uccisa brutalmente e seppellita sommariamente in un terreno fangoso, che in vita era tutt’altro che una donna perfetta, adultera e infanticida, come si scoprirà in un lungo flashback che la vede tornare agli anni dell’adolescenza. Né Anna, vittima dello stalking da parte di Rachel, che una volta ottenuto l’uomo che desiderava e avergli dato una figlia, rimpiange la libertà che aveva anni prima e accetta i tradimenti del marito pur di continuare a condurre una vita agiata e tranquilla. Ma la scelta delle tre donne come narratrici in prima persona non è fatta a caso, e rappresenta la chiave di volta per la scoperta del mistero.
La scrittura è molto semplice e scorrevole, i capitoli sono brevi (spesso di una o due pagine), alternati tra passato e presente e si leggono con voracità. Ma il colpo di scena finale, che dovrebbe giustificare la lettura dei capitoli precedenti, è inconsistente e prevedibile. E alla fine non si trae alcuna soddisfazione dalla scoperta del colpevole, dato che la sua ‘punizione’ non sembra abbastanza agli occhi del lettore. Né gli altri personaggi traggono alcun insegnamento dalla vicenda, il marcio che c’è in loro continua a esistere e la banalità delle loro vite si radica ancora più nel profondo. Forse solo Rachel, che dopo la scoperta dell’assassino fa un viaggio nel Norfolk, capisce di dover andare avanti con la sua vita;anche se, nelle battute finali del libro, l’autrice tende a sottolineare l’ineluttabilità del destino e la ciclicità degli eventi. Infatti Rachel, dopo aver visitato la tomba di Megan, va a casa in treno. E torna, con ogni probabilità, da tutti i suoi demoni. Torna ad essere ‘la ragazza del treno’ che è sempre stata.