Uno dei più rappresentativi scrittori americani di origine ebraica ma di lingua inglese è Saul Bellow, considerato il maggiore autore di narrativa statunitense dopo Hemingway e Faulkner, nonché premio Nobel nel 1956. Bellow è autore di numerosi romanzi in cui i protagonisti sono perlopiù ebrei sperduti nelle gradi metropoli americane, alla ricerca della propria identità. Non fa naturalmente eccezione il protagonista di quel capolavoro di romanzo di analisi che porta il titolo di Herzog e che è anche il nome del personaggio principale.
Herzog è un intellettuale diviso tra New York e Chicago e riassume in se le caratteristiche dei protagonisti dei romanzi precedenti di Bellow: L’uomo in bilico del 1944, La vittima del 1947, il cui vero protagonista è la città, Le avventure di Augie March del 1953, Il re della pioggia del 1959, ambientato in un’Africa immaginaria, puntando, a differenza dei narratori sue contemporanei allora in auge, sulla dimensione dell’interiorità dell’uomo. Anche in Herzog, l’autore statunitense è consapevole che “il mondo ci segue ovunque noi andiamo”, facendo entrare la realtà contemporanea che ha la fisionomia delle gradi concentrazioni urbane degli Stati Uniti, nella narrazione:
<<In mezzo alla folla della Grand Central Station, Herzog, malgrado tutti gli sforzi, per cavarsela meglio che poteva, non riusciva a mantenersi razionale. Sentiva che tutti gli sfuggiva via nel rombo sotterraneo dei motori, delle voci e dei passi nelle gallerie con le luci che parevano gocce di grasso in un brodo giallo, e l’odore forte, soffocante, della New York sotterranea>>.
Herzog: tematiche e trama del romanzo
Ricorrendo al racconto in terza persona, Bellow può definire dall’esterno gli ambienti metropolitani dove vive il quarantacinquenne Herzog, del quale riporta frequentemente il ‘flusso mentale’, fornendo in questo modo amli squarci sulla sua vita interiore, sulle sue emozioni e sui suoi ricordi. Lo sviluppo della narrazione è spesso interrotto anche dagli appunti e dalle annotazioni di Herzog e in particolare, dalle lettere che egli immagina di spedire ai più diversi interlocutori, vivi e morti, tra i quali il presidente degli Stati Uniti dell’epoca, Eisenhower, il filosofo esistenzialista tedesco Heidegger e addirittura Dio. Nonostante il caos della realtà, che genera ansia, nelle ultime pagine del romanzo, il protagonista, finalmente consapevole dei propri limiti di uomo, riesce a recuperare un momento di pace, perlomeno provvisoria.
La narrativa di Bellow offre una delle più interessanti testimonianze della presenza della cultura ebraica nella letteratura contemporanea, perché, per quanto lontani dalla condizione dei padri e ormai pienamente inseriti nella società laica degli Stati Uniti, i protagonisti delle sue opere portano sempre dentro di se un ininterrotto legame con la tradizione, con le proprie radici come confermeranno anche i successivi romanzi di Bellow: Il pianeta di Mr Sammler del 1970 e Il dono di Humboldt del 1975.
A molti lettori di Herzog potrebbe sembrare eccessivo lo sfoggio di erudizione, con frequenti citazioni di artisti famosi, letterati, filosofi e storici, elementi scientifici, che l’autore fa in quest’opera grandiosa, ma Bellow se ne avvale non per autocompiacersi, quanto per approfondire il pensiero, i sentimenti e le schizofrenie dell’intellettuale contemporaneo, lasciandoci un messaggio drammatico ma non pessimista e distruttivo. Herzog infatti non riesce a trovare una collocazione in questo mondo materialista e frenetico. Ma egli è davvero una vittima o un eroe della sua drammatica parabola esistenziale? Il fallimento della sua vita sentimentale, avendo alle spalle due divorzi e numerose relazioni non impegnative, lo configurano come il tipico nevrotico depresso, ma saranno proprio i suoi fallimenti a dare il via al suo viaggio spirituale che dovrà condurlo alla sua Terra Promessa, scegliendo non a caso il nome Moses, il quale non si preoccupa di essere considerato pazzo, considerando la pazzia una scorciatoia per accedere alla conoscenza della verità.
Herzog ripartirà dalla casa di Ludeyville, da quello che doveva essere il nido d’amore tra lui e Madeleine, ma che si era trasformata in un inferno, ora ambiente ideale in cui può finalmente essere sereno a contatto con la natura incolta, realizzando il suo sogno del “buon selvaggio”, puro ed incontaminato che pare albergare in ogni vero intellettuale-artista che si rispetti, ben lontano dal pontificare in salotti pseudo-culturali ma più vicino alla sua essenza primitiva, almeno secondo Bellow. Qui Herzog, dopo essere stato abbandonato da tutti, ricostruirà la sua vita, rimettendo insieme i pezzi, con l’aiuto di Ramona, l’unica donna che forse, a differenza di Madeleine, avrebbe potuto accettarlo per quello che era e non per un bisogno snobistico in quanto Herzog è un uomo di cultura da esibire, per fare bella figura in pubblico.
Moses Herzog ora, per sopravvivere alla sua sofferenza, affida questa delicata operazione di riscatto alle numerose lettere che scrive a personaggi illustri, senza mai spedirle, in cui analizza sentimenti, concetti e avvenimenti storici. E ammetterà di andare alla ricerca della realtà attraverso il linguaggio e l’esercizio della scrittura.
Herzog è un (anti)romanzo epistolare realista di grande intensità e ricchezza tematica sulla vita moderna che ci involgarisce e che ci inghiotte, facendoci perdere contatto con noi stessi; è la storia di una crisi umana e intellettuale in cui tutti noi possiamo riconoscerci, ma dalla quale possiamo uscire.