<<Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini – di Micòl e di Alberto, del professor Ermanno e della signora Olga – e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la casa di corso Ercole I d’Este, a Ferrara, poco prima che scoppiasse l’ultima guerra. Ma l’impulso, la spinta a farlo veramente, li ebbi soltanto un anno fa, una domenica d’aprile del 1957>>. (Incipit Il giardino dei Finzi-Contini)
Il giardino dei Finzi Contini si può senz’altro considerare uno dei capisaldi della lettaratura moderna, sia per la qualità della narrazione, sia per una trama semplice, ma, come il più delle volte accade, fortemente evocativa che permette al lettore di immedesimarsi nei personaggi e nelle situazioni. Un romanzo della memoria, una storia di salvazione che ha avuto non pochi denigratori come non pochi sostenitori dato il grande successo di pubblico alla sua uscita.
Giorgio Bassani dà alla luce questo libro nel 1963: il romanzo è raccontato da una voce narrante che ripercorre gli anni dell’adolescenza e dell’università del protagonista. La storia si articola attorno alle vicende di una ricca famiglia ebraica di Ferrara. Bassani è molto abile a dipingere le storie dei protagonisti sullo sfondo degli eventi della metà del novecento: l’avvento del fascismo, le leggi razziali, la guerra. L’epilogo della storia sarà molto breve (due pagine), quasi a voler conferire un immagine di improvvisa morte e dolore, visto come terminano le sorti dei protagonisti.
All’interno della storia de Il giardino dei Finzi-Contini trovano spazio vari personaggi, alcuni dei quali molto emblematici. Uno di questi è il padre dell’io narrante (ovvero di Bassani, anche se non si rivelerà mai), persona dotata di una grande umanità, che si preoccupa dei figli e fa di tutto per farli studiare. Sarà una figura fondamentale per il figlio, al quale consiglierà di allontanarsi dal giardino dei Finzi Contini, e soprattutto dalla bella Micol, perché, a suo dire, vivono in mondi troppo diversi.
Una delle figure principali, attorno alla quale si snoda la trama principale del racconto, è l’enigmatica Micol: una ragazza allegra, dinamica, che dice di amare il dolce passato e il presente, ma afferma il contrario di quello che pensa, anela al futuro ed è aperta alla vita e al diverso, nonostante la sua famiglia tenda a sopprimere i suoi istinti di apertura verso il mondo esterno, motivo che l’ha spinta alla conoscenza con la voce narrante.
L’amore non corrisposto è forse il grande tema di questo romanzo: l’autore-personaggio dopo aver percorso un labirinto di emozioni contrastanti e difficoltose, arriverà poi a confessare il suo amore a Micol, che, impunemente, inizierà ad allontanarsi da lui. Ne nasce un vero e proprio gioco delle parti: il ruolo decadente svolto dai Finzi-Contini che guardano al passato e quello positivo rappresentato da Malnate, personaggio che nutre profonde convinzioni politiche ( è comunista e lavora in fabbrica) al centro vi è Giorgio.
Nell’atto di scavalcare, come la prima sera fece per entrare, il muro di cinta del giardino, l’autore-protagonista si rende conto che per tutto quel tempo è soltanto stato attore passivo del suo amore per Micol: è come se lei continui a stare in quel giardino, coperta come da un vetro che fa trasparire l’immagine, ma che non ne renderà mai possibile il contatto reale. Il ricordare, strategia fondamentale con cui è costruita la narrazione, ha l’obiettivo di rendere tutta la storia velata di una doppia malinconia: da un lato le amare vicende sentimentali del protagonista, dall’altro le cupe vicende della guerra e della distruzione che in quegli anni flagellavano l’Europa intera.
Dall’inizio alla fine del libro si respira aria di salvazione, quella riservata, slealmente,dallo scrittore al suo protagonista Giorgio: Bassani esercita violenza nei confronti di tutti gli altri personaggi, i quali incarnano la buona e la cattiva cosicenza del protagonista, per creare un’aurea di positività e speranza intorno a Giorgio, operazione portata avanti non senza uno spiccato autocompiacimento. Secondo lo scrittore Bruno Barilli quindi, Bassani compie una sorta di sopraffazione per agevolare a Giorgio la strada verso la salvezza, riempendo, da ultimo, la scena. In questa cornice, diventa funzionale anche il problema ebraico: Bassani fa delle persecuzioni razziali “uno strumento catartico, per la propria elevazione morale”.
La forza del romanzo sta nel saper unire motivi neorealisti a motivi lirici, decadenti. L’età dell’innocenza, come direbbe Edith Wharton, è immediatamente e bruscamente seppellita, anche letteralmente, dai morti e dalla morte che si respira alla fine del libro. Il giardino, luogo in cui i protagonisti si “rifugiano” dalla guerra che imperversa, forse non è riuscito a mantenere lontano dai loro animi, un altro tipo di guerra, ugualmente struggente: la guerra che ognuno di noi è chiamato a combattere con le proprie emozioni e sentimenti. Il difetto maggiore invece, risiede in un certo narcisismo con il quale l’autore vuole dire che solo chi è moralmente superiore può e deve salvarsi.
L’accusa principale che venne mossa a Bassani fu quella di aver realizzato un romanzo di provincia che non si può inserire nella neoavanguardia italiana. Tuttavia il romanzo è suggestivo e avvincente che non può essere liquidato come un banale romanzetto provinciale per sole donne. Il giardino dei Finzi-Contini come ha notato ancora Barilli, non ha in sé i “difetti più evidenti della narrativa italiana contemporanea, che stanno in un ingenuo documentarismo, in un recupero delle vecchie strutture del naturalismo, in una piatta trascrizione del parlato quotidiano”; il rapporto dello scrittore bolognese con la realtà è obliquo non univoco e razionale. La memoria, in questo senso, serve a Bassani non tanto per illuminare cose, persone e ambiente, ma per dare loro una carica sentimentale, in questo modo è garantita una chiara ricostruzione di quel periodo storico sebbene gli attacchi in riferimento ad una carenza di coscienza storica nel romanzo dicessero il contrario. A tal proposito ci sembra opportuno riportare l’opinione dello stesso Giorgio Bassani in “Il mestiere di scrittore” di F. Camon:
“Io sono storicista e lo dimostro con le analisi di tipo storiografico in cui immergo la realtà umana dei miei personaggi. Il giardino dei Finzi-Contini è, da un punto di vista storicistico, un saggio, che mi permetto di giudicare obiettivamente valido, sull’Italia tra l’Ottocento e il Novecento..”