Il Palio dei buffi è un volume del 1937 che raccoglie i racconti di Aldo Palazzeschi (diciotto, per la precisione) e viene da pensare che i personaggi di queste novelle potessero parlare con l’autore, dovrebbero riprendere l’attacco di una vecchia cantilena di Ardengo Soffici: “Palazzeschi, eravamo tre/ noi due e l’amica ironia…” Ecco, rintracciare quel terzo è forse la chiave per scoprire il segreto dei racconti di Palazzeschi.
Se la narrativa tradizionale, dopo aver creato un personaggio, lo impegnava in un’avventura che finiva con il diventare la prncipale di tutta una vta; Palazzeschi al personaggio fa capitare qualcosa a cui questi era impreparato. Lo colpisce in un punti inatteso con un’arma infallibile e non senza aver ammiccato a quella presenza che fa da terza nel trio “Palazzeschi eravamo tre”. Nei racconti del Palio dei buffi si denunciano l’alterazione che costituisce lo stile e la personalità dello scrittore fiorentino. C’è una novella che si intitola, come ai tempi del naturalismo, Una vita che per protagonista un pittore emigrato da giovane a Parigi e che si riduce a legatore di libri; gli è morta di tisi la sua compagna di viaggio, nonché il cane e la gatta in cui aveva cercato compagnia. Di ritorno si trova a passare per il Quaiaux fleurs:
<<Sostò davanti ad un gruppo d gerani scarlatti, vi girò intorno e non seppe resistere all’impulso di prenderne uno e di alzarlo da terra, come si prende un fanciullo per stringere e baciare>>.
Incuriosita o forse impietosita, la fioraia gli offre il vaso per la metà del prezzo. Questo stacco ritmico che inaugura un nuovo clima potrebbe essere letto come una liberazione dal penoso “frammento di vita” che le pagine avevano evocato, oppure come una risoluzione lirica di quel dramma. Questo gesto appare gratuito e apre un nuovo “tempo” che si contrappone alla durata intima del racconto.
Il Palio dei buffi: Palazzeschi e il rapporto con i suoi personaggi
Il mondo e la gente di Palazzeschi, nel Palio dei buffi sono gli stessi delle Stampe dell”800 e delle Sorelle Materassi; un mondo in cui si potrebbe mandare come rappresentante il personaggio rinsecchito che è protagonista della novella Gloria che presenta ambienti di una piccola borghesia provinciale e prigioniera di se stessa. Ma Palazzeschi ad un certo punto, volta le spalle alle conclusioni naturali di quest’ambiente respingendo la sua epica grigia e sottopone i suoi impacciati personaggi alla prova dell’assurdo, e, anziché facendolo cozzare contro un ostacolo, glielo toglie e mostra come la prima a cadere la tipica legge di quel mondo: il gusto, il conformismo.
Le novelle di Palazzeschi non si assumono incarichi di constatazione o dimostrazione sociale; esse sono grottesche e liberate n pura fantasia. Ma il grottesco è solo nel gioco meccanico, dove solitamente la combinazione fantastica è destinata a verificare un concetto o un paradosso; Palazzeschi invece porta un interesse lirico: il suo momento è proprio quando il personaggio parte per la tangente. L’autore, che non coincide narrativamente con il suo personaggio, però non lo disumana e lo trattiene a sé con oscuri legami, affidandogli il compito d evadere.
La novella più significativa del Palio dei buffi in questo senso è Lo zio e il nipote dove si descrive come al solito un piccolo mondo provinciale , senza luce, simboleggiato dal signor Luigi, venditori di oggetti religiosi. Una volta morto Luigi si fa avanti la figura del nipote, un uomo che si rovina per amore della vita. Ma lui non vive, vuole vedere la vita e parteciparvi di riflesso. Quest’uomo semplice simboleggia l’evasione da tutte le strettoie: il suo amore indistinto per la vita è grido verso ciò che non si può o che non si dovrebbe fare, ma verso cui tutto l’essere si protende.
La scrittura di Palazzeschi è urbana e pungente dove si annida l’aggettivo più imprevisto. Il grande merito di Palazzeschi sta, come ha giustamente notato Debenedetti, nell’aver composto nel Palio dei buffi una serie di figure narrative libere pur essendo compromesse, il sogno di un prigioniero.