“Anche tu appartieni all’umanità, anche se tutto non è nell’ordine”.
Thomas Mann, L’Eletto.
Opera tarda (1951) del premio Nobel Thomas Mann, L’eletto affonda le sue radici nell’affascinante letteratura medievale di tradizione germanica e, in particolare, nel Gregorius di Hartmann Von Aue, poema venato di leggenda sulla vita di papa Gregorio Magno. Il taglio che l’autore de I Buddenbrook ha dato al suo Gregorio è però ben diverso rispetto a quello del suo antico connazionale.
Messo da parte il turgore dell’èpos religioso, il grande scrittore tedesco, gioca tanto con la lingua (che compone e ricompone in un caos ordinato di latino, francese e tedesco, rammentando i giochi dell’Eco più medievalista) quanto con le situazioni iperboliche e paradossali che popolano tutto il romanzo, strappando ai lettori più attenti perfino qualche sorriso, soprattutto nella critica al potere religioso e temporale.
La vicenda narrata è presto chiara: un Edipo papa (nella fattispecie Gregorio) al posto di un Edipo re. Gregorio è infatti incestuosamente e inconsapevolmente sposato con la propria madre ed è a sua volta prodotto di un incesto fra sua madre e il proprio fratello gemello. Di fronte a ciò perfino le relazioni pericolose di Beautiful sembrano essere roba per dilettanti. Gregorio trascorre l’intera vita a espiare le sue colpe e di riflesso quelle degli altri suoi familiari; è un peccatore che si abbandona interamente alla volontà di Dio fino alla mortificazione totale del suo corpo e della sua mente.
Infine sarà proprio Dio ad affidarsi a lui per illuminare la strada dei fedeli alle prese con papati litigiosi e licenziosi. La vena ironica che pervade il romanzo è brillante e quasi inesauribile, pur mantenendosi discreta e sapientemente adombrata dai topoi classici della narrativa medievale. Tra un pegno d’amore e una professione di fede, L’eletto ci mostra un Mann inedito, meno complesso ed elaborato rispetto alle sue opere principali, ma ugualmente ispirato e sostenuto da una verve beffarda che raramente appare nella sua pur vasta produzione.
L’Eletto, appena duecentocinquanta densissime pagine, sia per il messaggio profondo (si tratta dell’ultima opera di Thomas Mann, una sorta di testamento spirituale) sia per lo stile; relativamente poche pagine ma diversi piani di lettura e un mirabile intreccio dei Mythos che pervadono la coscienze e l’anima collettiva dell’uomo europeo ed occidentale: quello giudaico-cristiano, quello greco e quello norreno. Tutto incastonato in una novella ispirata al poema epico medioevale “Gregorius von Seine” di Hertmann von Aue. Il piano simbolico è semplicemente spettacolare.
Dunque si tratta di una rielaborazione dell’Edipo Re sofocleo in chiave cristiana che pone in relazione la colpa e l’espiazione, la speranza e la redenzione. Una redenzione che secondo Thomas Mann è figlia della misericordia divina che trasforma provvidenzialmente il male in bene. Un tema questo già affrontato da giganti della letteratura universale; basti pensare a “La leggenda di san Giuliano l’ospitaliere” di Gustave Flaubert oppure, per venire ai giorni nostri, a Le Benevole di Jonathan Littell, tutto giocato – attraverso mille indizi – come una risposta allo stesso Thomas Mann di questo romanzo per arrivare a conclusioni filosofiche opposte rispetto al grande scrittore di Lubecca.
Una novella o, se si preferisce, un romanzo breve di Thomas Mann che attraverso la narrazione e i suoi simboli ci porta ad affrontare temi spirituali di enorme spessore e che ci interroga sulla nostra natura profonda e sul fine ultimo della nostra esistenza.