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L’ultima cena woke, l’ignoranza social e la violenza simbolica alla fede

Il web è straordinario: dopo la cerimonia olimpica di Parigi, l’indignazione di molti esponenti del mondo cattolico per la parodia dell’Ultima cena in salsa queer/woke, e le dichiarazioni degli organizzatori sulla loro non volontà di deridere il capolavoro di Leonardo, molti sui social si sono improvvisati esperti di arte e iconografia, facendo circolare decine di opere che in qualche modo richiamano al banchetto dionisiaco dello show olimpico che purtroppo per loro non sono nemmeno mai state nella mente e nelle intenzioni di chi ha messo in piedi lo spettacolo. Quasi sicuramente il direttore artistico, che si è limitato ad eseguire delle direttive politiche, non sa nemmeno dell’esistenza di queste opere. Il suo compito è stato quello di provocare.

Nei Baccanali tuttavia non esiste un’iconografia con Bacco cinto di aureola sopra la testa, di un Gesù donna al centro della scena, impersonato dal Barbara Butch.

E peccato che, nonostante il tentativo di metterci una pezza, onde evitare problemi con sponsor e istituzioni cattoliche davanti al mondo, la stessa drag queen Piche su BFMRMC Sport, ha ammesso che si è trattato proprio di una rappresentazione dell’Ultima Cena.

Inoltre prima delle polemiche post cerimonia Liberation, aveva descritto la rappresentazione per quello che è stata: “Barbara Butch nel Gesù Cristo queer accompagnata dai suoi apostolo LGBTQ”.

Butch che su IG ha confermato che si trattava di Ultima cena postando il messaggio: “Oh sì! Oh sì! Il Nuovo Testamento gay!”. Un boomerang, devono averle fatto notare, tant’è che la rapper ha prontamente cancellato tutto.

Si è espressa anche la direttrice della comunicazione Anne Descamps: “La nostra intenzione non era quella di mancare di rispetto ad alcun gruppo religioso. Al contrario, era quella di mostrare tolleranza e comunione. Se le persone si sono sentite offese, ci scusiamo”.

Comunione dove non sono pervenuti etero, bensì una bambina il cui ruolo sfugge.

Il messaggio dello show è stato chiaro e in linea con i dettami woke e progressisti: della storia cristiana della Francia non ce ne facciamo nulla, la nuova religione è queer e green, il dio della natura Dioniso ha sconfitto il Dio cristiano attraverso la Rivoluzione francese. Non certo quello di una inclusione che prevede rispetto reciproco.

La Francia è stata coerente con l’unica storia che essa vuole riconoscere: l’illuminismo con il quale le nascenti élites finanziarie hanno scalzato le aristocrazie cattoliche europee e l’economia terriera.

Nel frenetico e confuso festival delle contraddizioni, ricco di luci ed effetti speciali ma poverissimo di contenuti e lampi di genio, si è inserita la parodia woke dell’Ultima Cena di Leonardo, con alcune variazioni grottesche, frutto di un pensiero debole che per sembrare potente deve insistere, (urge intervento della psicologia se non della psichiatria), fino a provocare reazioni per poi fare le vittime dei cattivi omofobi che seminano odio.

Un tentativo poco originale di inserire anche la tradizione cristiana nelle diversità da accogliere sulla base di un neo-illuminismo improbabile e confuso? Una rilettura delle dinamiche relazionali degli apostoli secondo una banalizzazione delle logiche queer? Si è chiesto qualcuno. No, probabilmente è più semplice: come già accennato: la nuova religione è woke e queer, di quella vecchia ci si fa beffe e la si assoggetta alle proprie ideologie. Persino il comunista Melènchon si è espresso in questi termini:

Non mi è piaciuta la presa in giro dell’Ultima Cena cristiana, perché pur evitando di parlare di “blasfemia, [perché] questo non riguarda tutti” Mélenchon si chiede anche “perché rischiare di ferire i credenti” anche se lo stato di fatto è “anticlericale. Quella sera stavamo parlando al mondo [e] tra i miliardi di cristiani – si chiede – quante persone coraggiose e oneste [ci sono] che a cui la fede aiuta a vivere e sanno partecipare alla vita di tutti, senza dare fastidio a nessuno.

Ma tornando alla cerimonia di apertura, urge ragionare sul rapporto tra arte e fede: se è vero che il dipinto di Leonardo non rappresenta effettivamente la cena di Gesù con i suoi apostoli, motivo per cui i i fedeli che si sono sentiti offesi, non sarebbero dei veri cristiani, o comunque dei cristiani ignoranti, secondo alcuni intellettualoidi, è altrettanto vero che la creazione artistica è la via per raggiungere l’infinito e la trascendenza.

Credere e creare sono due atti fondamentali che l’uomo adotta per raggiungere la trascendenza, come affermava il poeta Paul Valéry, quando scriveva nei Cattivi pensieri che «il pittore non deve dipingere quello che vede, ma quello che si vedrà». A questo futuro perfetto, all’assoluto cercato dall’uomo la fede dà il nome di Dio che talora è esplicitamente riconosciuto come propria meta anche dallo stesso artista. Bach, sommo musicista e grande credente, non aveva dubbi quando poneva in capo alle sue partiture la sigla SDG, Soli Deo gloria, e dichiarava: «Il finis e la causa finale della musica non dovrebbero mai essere altro che la gloria di Dio e la ricreazione della mente». Lapidario Hermann Hesse nel suo saggio su Klein e Wagner: «Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio».

Significative anche le parole di Kafka nei suoi Preparativi di nozze in campagna: «L’arte vola attorno alla verità… e il suo talento consiste nel trovare un luogo in cui se ne possano potentemente intercettare i raggi luminosi».

La polemica contemporanea, secondo la quale l’arte dev’essere libera da ogni messaggio per non essere asservita a nessuna ideologia, spesso merita il giudizio sferzante di Borges che, in Altre inquisizioni, ironizzava: «Chi dice che l’arte non deve propagandare dottrine si riferisce di solito a dottrine contrarie alle sue».

Insomma L’Ultima cena per molti cristiani è un richiamo alla fede, a Dio, alla spiritualità, sebbene non si tratti strettamente di arte sacra e non racconti esattamente una verità teologica. Si tratta di fede dei semplici, preziosa risorsa per la Chiesa, che i Professoroni farebbe bene a tenere in considerazione. C’è stata una vera violenza simbolica: la parodia woke francese ha affermato la propria libertà di espressione “a prescindere’, cosa che sempre produce violenza. Per di più, nel clima contemporaneo che si presenta segnato da conflitti sempre più drammatici, dissacrare l’iconografia si pone come un atto particolarmente irresponsabile.

 

 

About Annalina Grasso

Giornalista e blogger campana, 29 anni. Laurea in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con una galleria d'arte contemporanea.

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