Cosa sarebbe successo se i Patti Lateranensi non fossero stati sottoscritti? E se la morte prematura di Benito Mussolini avesse portato alla guida del governo un Dino Grandi? E se invece fosse toccato a Galeazzo Ciano, ambizioso genero del Duce? E se quest’ultimo avesse dato avvio a una politica filo-americana, magari sposando una Rockefeller, pilotando il Paese verso un’economica liberal-capitalista? E se Filippo Tommaso Marinetti avesse scritto un fantasioso romanzo storico, consegnato direttamente al Duce, influenzando la sua politica?
Nell’epoca in cui la nostra attenzione è incatenata all’attimo presente, osserviamo incoscienti le inebrianti fluttuazioni cui sono soggette le storie e gli eventi, a volte in modo del tutto fittizio ed irreale, nel tentativo – quasi sempre riuscito – di confondere lo spettatore ed impedirgli di maturare una propria, salda convinzione. E se iniziassimo ad inventare le narrazioni che più desideriamo, a scapito dei fatti genuini, stanchi del circo mediatico – facendoci beffe di giornali, TV e del sistema scolastico? Contemplare il passato porta inevitabilmente a riflettere sul futuro – un tempo che contiene le nostre speranze e le paure di ciò che potrebbe accadere; infatti, mentre non abbiamo alcun controllo sugli eventi trascorsi, il futuro sembra terreno fertile per congetture di ogni tipo. Le speculazioni sull’avvenire ci consentono di correggere le storture e di esaminare i disastri che non riusciamo a superare nel presente: la finzione funge da rifugio finale e ideale. Il filosofo Charles Renouvier scelse la parola ucronia come titolo del suo romanzo del 1876, dalla radice greca, avente come significato senza tempo; stava seguendo il modello stabilito qualche secolo prima da sir Thomas More, la cui Utopia, termine di uguale derivazione, significa non-luogo. Se l’utopia, dunque, è un luogo che non esiste in questo mondo, l’ucronia è un tempo – inteso come concatenazione di eventi – mai accaduto; se l’utopia è posta nell’oltre-mondo, l’ucronia sviluppa una trama alternativa, considerando cosa sarebbe successo al mutare di determinati eventi-chiave. Tale speculazione, tuttavia, non deve ridursi a pura frivolezza, poiché il contrasto con ciò che realmente è accaduto può approfondire la nostra comprensione del momento attuale. Non si tratta di esercizi per intellettuali perditempo, è da rilevarne il notevole contenuto filosofico e pedagogico: nell’utopia, da Platone al Rinascimento, si disegna una città ideale come modello per la condotta virtuosa del cittadino nella sua vita concreta; nell’ucronia, si ricorda che la storia è il teatro del sempre possibile, a scapito di ogni “storicismo” paralizzante.
La storia alternativa è un campo estremamente vasto. Alcuni tra giornalisti, studiosi e romanzieri, hanno provato a raccontare, in un volume intitolato Fantafascismi, curato da Gianfranco de Turris, appena pubblicato per Bietti, le differenti svolte che la storia d’Italia, fra il 1921 e il 1945, avrebbe potuto intraprendere se alcuni episodi (non) si fossero verificati ovvero se gli accadimenti avessero seguito un indirizzo diverso. Giacinto Reale, ad esempio, prova a rimescolare le carte in quel fatidico 28 ottobre 1922: mentre le colonne fasciste muovono alla volta della Capitale, per dare inizio alla storica “marcia”, Benito Mussolini attende a distanza, negli uffici del Popolo d’Italia a Milano, assieme al fratello Arnaldo, pronto a partire non appena la situazione volgerà in favore del movimento.
Ad un certo punto, si vede costretto a scendere in strada per sedare un dissidio tra i suoi uomini e le guardie reali; ed è qui che la cronaca imbocca un’altra via: egli rimane coinvolto in una sparatoria, ferito gravemente; si decide, in segreto, dopo aver riportato il corpo all’interno dell’edificio, di trasportarlo in Svizzera, per operare la rimozione del proiettile; ma proprio mentre costeggia il lago di Como, nei pressi di Dongo, l’ambulanza si ribalta e Mussolini viene scaraventato fuori, morendo sul colpo. Allora, diffusasi la notizia, il re decide di firmare lo stato d’assedio e incaricare l’anziano Giovanni Giolitti per la formazione di un nuovo governo cui faranno parte anche esponenti fascisti, mentre – per ironia della sorte – la celebrazione del funerale di colui che sarebbe dovuto diventare il Duce del Fascismo avrà luogo in Milano a Piazzale Loreto.
Suggestivo e visionario il racconto di Dalmazio Frau, con protagonista Armando Brasini, immaginato come architetto ufficiale del regime in luogo di Marcello Piacentini; la nuova Roma da lui disegnata, invece del freddo e monumentale stile del Piacentini, appare così fascinosa da far esclamare ad un giornalista venuto dall’America:
Intuisco in un solo istante che ogni edificio, ogni piazza, ogni chiesa, ogni monumento, obelisco voluto da Armando Brasini altro non è se non uno dei magici punti sulla terra che servono a convogliare le influenze sottili che permeano il cosmo. Un’immensa, grandiosa magia che fa di Roma il Centro dell’Universo.
E ancora: quale svolta avrebbe avuto la politica italiana se il 9 giugno 1936, al posto di Galeazzo Ciano, ambizioso genero del Duce, fosse divenuto ministro degli affari esteri il conte Giovanni Capasso Torre di Caprara?
Realizzato da Vito Tripi come favolosa raccolta di appunti tratti dal diario dello stesso ministro, di note provenienti dal Ministero della Cultura Popolare e di articoli pubblicati su giornali italiani ed esteri, il racconto delinea l’azione della nuova politica italiana la quale, dopo aver sostenuto lo sforzo dei franchisti nella guerra civile spagnola, riesce a portare un governo amico in Francia, poiché il presidente della Repubblica Albert Lebrun, nel timore che si potesse verificare una crisi come quella spagnola, scioglie le camere senza indire nuove elezioni, nominando un Comitato di Salute Pubblica con a capo l’eroe di Verdun, il maresciallo Philippe Petain. Assieme a queste due nazioni, e con il Portogallo, il Principato di Monaco, la Repubblica di San Marino, la Romania e la Bulgaria, la Grecia e l’Ungheria, il Duce si porrà a capo di una “Lega Latina” (poi “Lega Europea”) – alleanza sia difensiva che offensiva – la quale, con l’appoggio del Regno Unito di Gran Bretagna, affronterà la Germania nazionalsocialista, l’Unione Sovietica e la Jugoslavia, uscendo vincitrice dalla seconda guerra mondiale, con il regime fascista in trionfo per i decenni a venire.
Scrivere storie alternative è come camminare sopra un filo sottile, mentre si è bendati, attraversando un uragano. Si tende a credere, a questo punto, che gran parte della storia sia contingente, che gli eventi e le narrazioni siano inclini a divergere, ma che – in ogni caso – un destino non manifesto farà da raccordo alla molteplicità delle ipotesi; perché ciò che rende buona la fantasia storica è quel senso di autenticità, la percezione che gli avvenimenti, dopotutto, siano radicati nella realtà e dunque, se le cose fossero andate diversamente in un punto critico, ciò che ne sarebbe conseguito avrebbe assunto il carattere di inevitabilità. Certo, la storia ha i suoi aspetti deterministici; ma le possibilità insite in molti frangenti screditano l’enfasi sul meccanicismo e sottolineano l’elemento del caso e la rivendicazione della libertà individuale, compromessa dai sistemi sia idealistici che positivistici.
Gabriele Sabetta- L’intellettuale dissidente