Si sta consumando da giorni uno sciopero dei tassisti, motivato dalla protesta contro una mancata regolamentazione del settore di chi, pur usando la macchina per portare in giro i clienti, non ha però un taxi, ma usa la propria auto, oppure offre servizi di noleggio con conducente.
Sia il taxi che queste alternative hanno ragione di esistere nella misura in cui offrono un servizio. Tra i motivi per scegliere un servizio c’è ovviamente, e tanto più in un momento di crisi, un criterio economico. Dunque un cliente valuta quanto costa un taxi e quanto un non-taxi. Chiunque sa che il primo costa uno sproposito. Tutto qua. I tassisti, invece di incolpare la libera concorrenza di chi offre un medesimo tipo di trasporto, però ad un prezzo a volte anche enormemente inferiore, e protestare cercando di far imporre dalle istituzioni un tariffario più alto (alla faccia della tutela del cliente, fanno una battaglia perché il cliente paghi di più) dovrebbero accettare di rinunciare alla loro lobby-monopolio che occupa l’intero settore dell’offerta e può quindi stabilire un prezzo a tavolino, senza che nessuno possa fare concorrenza. E’ questo quello che vogliono i tassisti: un monopolio che permetta loro di mantenere prezzi altissimi.
Altro motivo del contendere è che i tassisti hanno acquistato la licenza ad un prezzo alto per poter lavorare, mentre i conducenti di non-taxi no. A loro sembra un’ingiustizia aver pagato mentre altri non dovrebbero farlo, quindi la soluzione per loro è far pagare anche gli altri, non piuttosto invece smettere di pagare tutti. Non si potrebbe per esempio più razionalmente elaborare un’alternativa: far pagare una minima, davvero minima, quota di entrata a chi diventa conducente alternativo e con queste quote restituire una parte del costo della licenza inizialmente pagato da chi è diventato tassista con la vecchia regola? No, preferiscono mantenere la loro casta: mercato chiuso, prezzi alti e risentimento.
Alcuni tassisti più razionali, invece che cercare di fermare uno degli effetti positivi della globalizzazione dei servizi, hanno deciso invece di assecondarla iscrivendosi a uber taxi, con cui chi vuole dall’app di uber può scegliere il servizio taxi e non il più comune ed economico uber pop. Ma anche qui si ritorna al punto d’origine: il costo, che in un mercato libero è determinato dalla concorrenza. Non piace? Si può andare in Corea del Nord, oppure rimpiangere l’Unione Sovietica, ma una delle cose positive del liberismo è che il cliente conta. Liberismo, non capitalismo selvaggio ovviamente. Perché è certo che le alternative ai taxi debbano avere un quadro normativo di riferimento, è ovvio: la discussione parlamentare in proposito è stata rimandata, non eliminata. Ma qui si protesta non perché il rimando potrebbe indicare assenza di regolamentazione concorrenziale, piuttosto perché non si è messo una regola repressiva a tutto ciò che taxi non è. E dunque infine una repressione contro i clienti, rei di voler risparmiare.
Come ha affermato giustamente un anonimo conducente di queste alternative, tutti coloro che usufruiscono di servizio alternativo al taxi, non userebbero i taxi, se queste alternative non ci fossero: si deve mettere in testa che il taxi costa troppo, quindi o si paga di meno il trasporto in auto, o non si prende proprio l’auto. Dunque neppure questa concorrenza sta rubando in realtà così tanti clienti ai tassisti, perché non erano loro clienti.
Un esempio valga più di mille parole. Sono di Roma. Dovevo andare alla stazione termini partendo da Roma nord. Per chi non è di Roma, informo che sono venti km scarsi di percorso: costo benzina verde all’epoca era diciamo 1.65 euro al litro a Roma, con la mia macchina che fa circa 18 km al litro avrei speso praticamente il costo di un litro di benzina, se invece avessi preso l’autobus, avrei pagato 1,50 euro di biglietto. Il taxi mi è costato 40 euro.
In generale si può dire che una corsa con uberpop (il servizio low cost di uber) va dai 5 ai 10 euro di media. Quand’è che capita un costo così con un taxi? Spesso poi i taxi non accettano pagamento elettronico, i taxi non fanno preventivi e in ogni caso la spesa è fuori controllo, nel senso che più ci mettono a portare il cliente, più si paga, mentre con uber si può richiedere un preventivo e con quello decidere e se si accetta, poi quello è il costo, a prescindere dalle variabili a cui sarà soggetta la corsa. E’ questo il tipo di servizi che rendono il servizio taxi sempre più obsoleto.
L’evoluzione dei mezzi digitali e della globalizzazione dei servizi ha, nelle alternative ai taxi, una sua interessante e moderna applicazione. Forse questo farà totalmente sparire il servizio taxi tradizionale, ma la soluzione non è fermare il progresso, quanto piuttosto reimpiegare e reinventare chi da quel progresso viene più colpito che aiutato, cioè i tassisti. Da sempre la modernità fa scomparire qualcosa e comparire un’altra, più comoda per le presone e in questo caso per le loro tasche. Il gas farà scomparire i carburanti tradizionali, internet ha infinitamente rafforzato il telelavoro, l’automazione sostituirà certi lavoratori. E allora? Non sempre si deve dire “viva il progresso”, il progresso va misurato sulla base dei criteri molto pratici: sostenibilità ecologica, economica, comodità, benessere generale della persona. Quando tutto questo è rispettato, allora combatterlo è sia antistorico che antisociale. Combattere è mancanza di vergogna, tipico delle caste.