Orlando: 50 morti e 53 feriti. Il responsabile della strage, un 29enne afghano, è stato poi ucciso dagli agenti di polizia. Non è Islam, non è solo omofobia, non è “solo” spargimento di sangue e devastazione umana. A Orlando oggi è morto il degno spirito di civiltà e uguaglianza, perché diverso è bello buono, e giusto. Nel frattempo il mondo piange, ma domani dimenticherà, per poi sbagliare ancora. Perché gli errori sono fardelli troppo leggeri per i vili, per chi persevera nell’incoscienza, nel becero della presunzione di superiorità. Per questo il cordoglio, lo sdegno, la commozione, la solidarietà, non bastano. Ci vuole coraggio di autocritica: la nostra epoca è fallita. Dunque in silenzio spunta un mea culpa che urge e serve di più. Perché siamo tutti un po’ colpevoli: se oggi chi ama infatti è distorto, chi è donna è puttana, e chi fa del rispetto un dovere diventa povero, misero e negletto lo dobbiamo ad una maturazione, in occidente, del delirio di onnipotenza sociale quanto economica. L’anima però esiste e resiste, e dietro la materia l’uomo si nasconde ancora.
Ma quando rovisteremo dentro per riportarlo in vita? Solo in quel momento, in un futuro incerto e sghembo, le vittime di Orlando potranno riposare, punite perché nate come dovevano e volevano. Libere. Libere di vivere e volare, innamorarsi e osare, sbracciarsi per nuotare nell’aria. E anche se il cielo puzza di vergogna, piove una lacrima di tempesta, plurale e sincera, rabbiosa e vigile, all’unisono, che urla:
Basta.