Nato a San Lazzaro (Parma) nel 1911, Attilio Bertolucci si laurea in lettere a Bologna e insegna a lungo storia dell’arte a Parma. Nel 1929 pubblica la sua prima raccolta di poesie, Sirio, e nel 1934 Fuochi in novembre. Trasferitosi nel 1950 a Roma, lavora per i programmi culturali della RAI e come redattore di riviste, in particolare <<Paragone>> e <<Nuovi argomenti>>. Le poesie di Attilio Bertolucci del dopoguerra sono state via via pubblicate nei volumi La capanna indiana, Viaggio d’inverno, La camera da letto, Verso le sorgenti del Cinghio e La lucertola di Casarola. Importante anche il suo lavoro di traduttore e di consulente editoriale, al quale si lega la creazione nel 1939 della collana di poeti stranieri “La Fenice” dell’editore Guanda. Scritti di poetica, di critica, di testimonianza sono raccolti nel volume Aritmie, del 1991.
Il volume Viaggio d’inverno, che esce nel 1971, comprende 84 poesie suddivise in sei sezioni di diversa lunghezza: I pescatori, Verso Casarola, Il tempo si consuma, Per una clinica demolita, Viaggio d’inverno. Disperse ed è un’opera significativa perché, rispetto alle precedenti, presenta oltre ad evidenti elementi di continuità e alcune importanti novità, come lo stesso Attilio Bertolucci indica parlando della “interiorizzazione del paesaggio, della durata temporale, delle figure umane di sempre”. Il paesaggio e le figure umane sono quelle della campagna emiliana, dove il poeta ha trascorso la prima parte della vita e a cui sono dedicate le poesie degli anni tranta e quaranta. La loro interiorizzazione è di certo legata all’allontanamento dai luoghi natali e si accompagna, sul piano formale, ad una sintassi più complessa e all’utilizzo di un verso che si fa inquietante.
Il risultato che ottiene Attilio Bertolucci è quello di una poesia contrassegnata da un tono prosastico, narrativo e argomentativo, a cui il poeta si manterrà fedele anche nelle opere successive e soprattutto in Camera da letto, romanzo in versi, lirico ed epico allo stesso tempo, che ha impegnato l’autore durante gli anni ottanta. Prendiamo in esame la poesia che rappresenta uno degli esiti più alti di Viaggio d’inverno e meglio di altre armonizza le esigenze della riflessione e quelle dell’impressione lirica: Vigorosamente imbocca la strada del mattino, una sorta di lettera al figlio Giuseppe in partenza per un viaggio, di un augurio che nel suo unire timore e speranze mostra bene la profondità del rapporto d’amore.
Vigorosamente imbocca la strada del mattino
con vigore e dolore distaccati da me
verso Cuma il tuo cuore giovane batta in sintonia
con l’antica e fresca musica di ruote e di rotaie.
Nella Campania felice che diverrà il tuo tedio
primamente virile accogliendoti viti
tirate altissime e spoglie per l’inverno
ma immagazzinanti una luce che può invidiare l’estate?
Ora io sogno delle stanza d’albergo
che s’offriranno alle tue membra affaticate
origlieri che il vizio ha sformato eppure
rinnova una tela fragrante e la tua fronte pura.
Pellegrino mio pellegrino la tua inquietudine la tua
fiducia amara mi torturano il petto
e mi salvano dall’ignominia del vivere nutrono
un’insonnia benigna con addii di convogli
e persistere di scolte astrali sopra la terra.
L’elemento più originale di questo componimento di Attilio Bertolucci, come per tutta la sua produzione poetica, del resto, è l’uso della sintassi. I quattro periodi che costituiscono la poesia sono infatti costruiti in maniera particolare: le numerose proposizioni subordinate vengono accostate l’una all’altra senza virgole o altri segni di punteggiatura in una struttura aperta all’infinito. La mancanza di punteggiatura e soprattutto l’uso di modi indefiniti creano un effetto di ambiguità, di incertezza logica, accentuato dalla catena di subordinazioni, attraverso cui il periodo sembra snodarsi all’infinito, senza mai chiudersi in una struttura razionale.
Dal punto di vista lessicale, colpisce la presenza di termini aulici, tratti dal linguaggio letterario e poetico più tradizionale: tedio, origlieri, pellegrino, ignominia, scolte astrali. Attilio Bertolucci si avvale frequentemente anche di ricercate metafore: la strada del mattino, antica e fresca musica di ruote e di rotaie, mi torturano il petto, ecc..
Bertolucci, al contrario di altri poeti del Novecento, rifiuta di introdurre nel tessuto poetico elementi diversi, tratti dal linguaggio quotidiano e prosastico. Il tono generale del componimento non è però sublime, ma medio-alto, come si addice al genere classico dell’epistola. Lo dimostrano anche la presenza di numerosi enjambement (viti/tirate altissime; la tua/fiducia) e di alcune evidenti ripetizioni: vigorosamente…vigore, il tuo cuore..il tuo tedio…alle tue membra…la tua fronte, ecc.