Basterà un soffio d’erba di Giorgio Caproni è una poesia del 1943 che fa parte della raccolta Cronistoria. Questo dodicesimo sonetto sviluppa il tema del distacco, di cui la morte non rappresenta che il primo momento: a essa succede infatti anche l’allontanamento provocato dalla vita che continua e dal conseguente cedere della memoria. Probabilmente, già prima, si chiede il poeta, è stata presente nel cuore di lei la consapevolezza della prossima separazione e il desiderio di adempiervi.
Basterà un soffio d’erba, un agitato
moto dell’aria serale, e il tuo nome
più non resisterà, già dissipato
col sospiro del giorno. Sarà come
quanto, per gioco, cedevi l’amato
calore della mano al marmo-come
quanto il tuo sangue leggero, alitato
appena dal tuo labbro, sulle chiome
dei pioppi s’esauriva in un rossore
vago di brezza: e io sentivo la pena
di quel lungo tuo eccedere in amore
dislluso e lontano, tu la pena
di non essere sola nel nitore
d’un presagio d’addio-tu già serena.
La struttura del sonetto Basterà un soffio d’erba (rima ABAB ABAB CDC DCD), pur essendo metricamente rispettata, non viene evidenziata dall’autore mediante la separazione delle varie strofe. La sintassi infatti, infrange tale struttura, sia a livello di strofe, che a livello di singoli versi, mettendo in crisi dall’interno lo schema tradizionale e creando un ritmo prosastico, in contrasto con la facile e abusata musicalità del metro tradizionale. La complessità sintattica del resto rispecchia quella del tema trattato da Giorgio Caproni, in cui passato, presente e futuro si mescolano di continuo.
Il poeta inizia con una previsione riguardante il futuro (egli dimenticherà), poi paragona tale previsione ad un ricordo (il tempo verbale passa dal futuro al passato); un altro ricordo (io sentivo la pena) introduce l’oscura premonizione della ragazza, riferita nel passato, al futuro che si è ormai realizzato: un presagio d’addio).
Dal punto di vista lessicale, la poesia è caratterizzata dalla compresenza di termini antitetici, alcuni dei quali rimandano al campo semantico della leggerezza (soffio d’erba, moto dell’aria serale, sospiro del giorno, sangue leggero, …) e quindi della luce, della vitalità, della giovinezza (per gioco, nitore, serena); altri sono riconducibili al campo semantico opposto, quello della morte, espressa attraverso elementi pesanti, cupi e dolorosi (più non resisterà, già dissipato, la pena, presagio d’addio,…). Si tratta di una duplicità che caratterizza l’intera opera di Caproni benché in misura diversa: nelle opere giovanili prevalgono elementi positivi, mentre in quelle più tarde si accentuano i toni cupi e pessimistici che però non diventano mai esclusivi. In Caproni inoltre si avverte un dialogo continuo con Petrarca per quanto riguarda la presenza di un lessico connotato (erba, chiome, marmo) e trovando conferma del dialogo con la donna amata alla quale il poeta si rivolge con il tu, recuperando e aggiornando, come fa Umberto Saba, del resto, la tradizione.