“Una notte, verso la fine di agosto, feci una serie di strani sogni e mi svegliai madida di sudore, pervasa da una terribile sensazione che non riuscivo a scacciare. Una settimana dopo, quando la maharani mi convocò in salotto, il cuore mi balzò in gola. Andai da lei con una sorta di presentimento: sapevo già cosa mi avrebbe detto”.
Dalla penna di Lucinda Riley, autrice irlandese di best seller destinati soprattutto ad un pubblico femminile, come Il giardino degli incontri segreti, Il segreto della bambina sulla scogliera e La luce alla finestra, è nato un nuovo historical drama che ripercorre la Storia della prima metà del Novecento, vista attraverso gli occhi di una ragazzina indiana, divisa fra le tradizioni e la magia dell’India di un tempo e la modernità della scienza europea contemporanea. Lo stile della Riley è piuttosto riconoscibile e chiaro: ama alternare il presente a continui flashback dal passato, e introduce spesso nelle trame dei suoi romanzi il tema dell’oriente e quello dei fiori e del loro significato.
Anahita, protagonista de Il profumo della rosa di mezzanotte (Giunti, 2014), vive a cavallo fra due mondi e avrà una vita intensa e appassionante, che travolgerà il lettore facendolo sentire parte integrante di essa. È una storia dentro la storia, costruita con un meccanismo a scatola cinese che alterna passato a presente, nello stesso stile di autrici come Lesley Pearse e Corina Bomann. La narrazione si divide in due momenti, e in altrettante due voci narranti. Ai nostri giorni seguiamo il racconto di Ari Malik, giovane indiano benestante, a capo di una florida azienda informatica, che va a trovare la bisnonna Anahita Chavan per il suo centesimo compleanno. L’anziana donna, in quell’occasione, gli donerà un manoscritto che racchiude la storia della sua lunga vita e gli affiderà l’incarico di leggerlo e di scavare nel suo passato per ritrovare il figlio perduto molti anni prima e dato per morto. Ari, preso dal suo lavoro e dai suoi impegni, metterà in un cassetto il dono della nonna e proseguirà lungo la sua strada vivendo la sua vita indipendentemente dalla richiesta della donna, considerata da tutti in famiglia un tipo un po’ stravagante. Anni dopo lo ritroverà e, in un periodo di profonda riflessione, deciderà di lasciare il lavoro e di mettersi in viaggio verso l’Inghilterra, alla scoperta del mistero che avvolge il passato della sua famiglia. Il secondo punto di vista della storia è quello di Anahita, che in prima persona racconta la sua vita dall’infanzia alla maturità, rivolgendosi, come interlocutore, a Moh, il figlio perduto ottant’anni prima. Racconta con un’enfasi travolgente la magia dell’India della prima metà del Novecento, i colori e gli odori, dalle strade di un povero paese dell’entroterra alla maestosità del palazzo di Cooch Behar, con le sue stoffe pregiate e i suoi gioielli scintillanti. La sua storia appassiona e trascina per mano lungo il sentiero dei ricordi, caricando sulle spalle dell’ignaro lettore gioie e dolori vissuti da Anahita.
Viviamo con lei il dramma della morte dei genitori, la paura del futuro, l’eccitazione per il trasferimento a palazzo come dama di compagnia della principessa Indira, la complicità con lei, diventata la sua più grande amica, il desiderio di studiare ed essere autonoma in un mondo in cui il ruolo della donna era ben circoscritto alle pareti di casa, la speranza riposta nel viaggio in Inghilterra, e la paura della guerra. Anahita vive il secolo ‘più lungo’ della nostra Storia, e così come il Novecento anche lei assiste e vive in prima persona una gran quantità di eventi. Quando Anahita si innamora di Donald, un giovane conte inglese, ci innamoriamo con lei. E quando le avversità li dividono per sempre, soffriamo anche noi. Avventura, mistero, amore, amicizia fanno de Il profumo della rosa di mezzanotte un romanzo completo, che ha il grande dono di farci affezionare come a un vecchio amico dopo le sue 640 pagine, sfogliate con voracità come se fossero solo poche decine. Unica pecca dell’edizione italiana del romanzo è la scelta della copertina, più adatta a un Harmony anni novanta che a un best seller di un’autrice da 3 milioni di copie vendute, ma lo sbaglio è da imputare alle sole esigenze di collana dell’Editore Giunti. Il senso di vuoto che si sente dopo la chiusura dell’ultima pagina è palpabile. Siamo Anahita e siamo Ari. Il pronipote della giovane e coraggiosa indiana verrà a capo del mistero, visitando i luoghi del manoscritto e conoscendo i discendenti dei protagonisti della storia, e scoprirà ben presto che ciò che Anahita ha scritto e lasciato ai posteri è solo parte di ciò che è davvero accaduto. Si troverà a districarsi fra due mondi diversi, quello orientale e quello occidentale, e due epoche diverse, divise l’una dall’altra da quasi cento anni, e scoprirà nella diversità il tassello che mancava alla sua vita. Comprendendo anche, come afferma la scrittrice Lucinda Riley, che “godersi il momento, come dicono tutti i guru del mondo, è la chiave per essere felici”.