“È curioso come certi occhi serbino visibilmente l’ombra di chi sa quali immagini, già impresse, chi sa quando e dove, nella retina, a modo di una scrittura incancellabile che gli altri non sanno leggere – e spesso non vogliono.” (Cit. “La Storia” di Elsa Morante)
Elsa Morante. Una donna che probabilmete sapeva di dover dedicare la sua vita alla letteratura. Una donna che ha amato, in una vita tormentata, la scrittura più di ogni altra cosa. Una donna che, oggi come ieri, lascia un segno indelebile attraverso le sue opere, parole mai scritte, pensieri donati al mondo. Un mondo che, mai, potrà dimenticarla.
Nata, come i suoi fratelli minori, da una relazione extraconiugale della madre, Irma Poggibonsi, con Francesco Lo Monaco, Elsa Morante trascorre l’infanzia nella casa di Augusto Morante, istitutore al riformatorio per minorenni, il quale riconosce, e cresce quei bambini come fossero suoi. Terminato il liceo, l’adolescente Elsa va via da casa: per mantenersi, dà lezioni private ed inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche. La mancanza di un solido appoggio economico, non le consentono di continuare gli studi presso la facoltà di lettere. Negli anni tra il 1936-1941 lavorerà presso il settimanale “Oggi”.
Più tardi conoscerà, tramite il pittore Capogrossi, Alberto Moravia, che sposerà nel 1941. Nello stesso anno viene pubblicato il suo primo libro, “Il gioco segreto“, in cui è raccolta parte dei testi narrativi destinata ai giornali. L’anno successivo appare il libro di fiabe “Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina”, illustrato dalla stessa scrittrice.
Dal 19 gennaio al 30 luglio del 1938 scrive il “Diario“, dal quale emergono quelle personali e familiari inquietudini che rendono la Morante, ancora una volta, una delle più grandi scrittrici del ‘900. Il gusto per la finzione, emerso in quest’opera, risale ai primi tempi in cui una giovane Elsa si avvicina alla scrittura, attraverso la stesura di filastrocche e racconti per bambini. Il” Diario” sarà pubblicato solo nel 1990.
Durante gli anni del matrimonio con Moravia, conosce e stringe importanti rapporti con i più grandi scrittori del tempo, Umberto Saba, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Sandro Penna ed Enzo Siciliano. Importante fu il rapporto stretto con Pier Paolo Pasolini, (nel cui film “Accattone” fa un’apparizione e col quale aveva viaggiato in India).
Verso la fine della seconda guerra mondiale, per sfuggire al pericolo nazista, ormai fin troppo esteso, Moravia e la Morante, si allontanano da Roma, rifugiandosi a Fondi, un paesino in provincia di Latina a pochi chilometri dal mare. Un luogo che apparirà spesso nelle opere successive di entrambi gli scrittori. La Morante ne parlerà soprattutto nel romanzo “La Storia“.
Nel 1943 inizia la stesure del suo primo romanzo, “Menzogna e sortilegio“, interrotto per seguire il marito, come già accennato, nel piccolo paesino di Fondi in quanto, date le accuse mosse nei confronti dello stesso Moravia di antifascismo. All’interno della narrazione, l’autrice mostra al proprio pubblico la vita e i casi di una benestante famiglia meridionale destinata alla decadenza. Tutto ciò tramite lo sguardo febbrile e tormentato di una giovane donna isolatasi dal mondo. E’ proprio in questo frangente che la Morante si allontana dal modello neorealistico: la scrittrice mostra, da subito, la sua predilezione per il magico e la fantasticheria, in una chiave colma d’angoscia nel confronto con la realtà.
Nell’estate del ’44 ritorna a Roma, portando a galla un già complicato e difficile rapporto con Moravia. Un rapporto che alterna momenti di intenso amore ad altri di distacco e malessere. In Elsa Morante, infatti, il bisogno di autonomia contrasta con una forte esigenza di protezione e di affetto. Allo stesso modo desidera e rifiuta la maternità, a cui rinuncia pur rimpiangendo la possibilità, un giorno. di poter abbracciare quella gioia e quell’amore che solo alle madri è destinato. “Bisogna sapere che io, per mia sorte, fui sempre di quelli che s’innamorano in modo eccessivo e inguaribile, e dei quali nessuno mai s’innamora.”
Nel 1948, dopo un viaggio in Francia e in Inghilterra, esce “Menzogna e sortilegio”, con cui vince il premio Viareggio. Moravia e la Morante, si trasferiscono in un attico in via dell’Oca, che ben presto diverrà uno dei più frequentati ritrovi del mondo intellettuale romano. Nei primi anni Cinquanta la Morante tiene un nuovo diario, che sarà però presto interrotto. Collabora con la Rai, viaggia, scrive il racconto “Lo scialle andaluso” e lavora alla redazione del suo secondo romanzo “L‘Isola di Arturo” che esce 1957, vincendo il premio Strega. Anche qui, in uno dei più grandi romanzi del ‘900, la Morante mostra quel dono che fu suo fin da quelle prime parole scritte, il dono di saper entrare nel cuore e nell’anima dei proprio lettori mostrando quel dolore, quell’inquietudine e bisogno d’amore che, da sempre, l’hanno caratterizzata.
Nel 1959, durante un viaggio negli Stati Uniti, conosce e stringe un’intensa amicizia con il pittore Bill Morrow. In quegli stessi anni, la scrittrice, mostra ancora il proprio bisogno di indipendenza, libertà, trasferendosi in un appartamento, del tutto privato, nella Roma degli anni ’60. Compirà ancora un ultimo viaggio con il marito prima dell’ormai “inevitabile” divorzio nel 1962, anno in cui si troverà ad affrontare un enorme ed incessante dolore per la morte del pittore Morrow, precipitato nel vuoto da un grattacielo.
Gli anni successivi saranno per l’ormai affermata scrittrice, tragici e dolorosi per la Morante. Continuerà a vivere tormentata dal dolore per la perdita dell’amico, mostrerà ancora una volta e per lungo tempo la sua chiusura verso il mondo, portando con se una paura incontrollabile, ingestibile, quella della vecchiaia.
Durante la conferenza del 1965 “Pro e contro la bomba atomica” (edita da Adelphi nel 1987) e nelle poesie de” Il mondo salvato dai ragazzini “(1968), mostra una nuova forte inquietudine per i pericoli che minacciano l’umanità insieme ad un nuovo desiderio di intervento sul mondo.
Nel 1976, uscirà il suo terzo romanzo “La Storia“, il quale otterrà un enorme successo nonostante le riserve e le cretine espresse dal pubblico e da alcuni critici letterari. Nel 1976 inizia la stesura del suo ultimo romanzo “Aracoeli”, che porterà a termine e pubblicherà solo nel 1982, essendosi fratturata nel 1980 un femore. Dopo aver subito un intervento chirurgico, trascorre gli ultimi anni di vita a letto, non potendo più camminare. Nell’aprile del 1983 tenta il suicidio aprendo i rubinetti del gas, ma viene salvata da una domestica. Dopo un nuovo intervento chirurgico rimane in clinica, a Roma, dove muore d’infarto il 25 novembre del 1985.
Il 25 novembre del 1985 ci lasciava una donna il cui tormento, il cui bisogno di libertà e amore incondizionato hanno, forse, influenzato ogni singolo lettore che abbia aperto la propria anima e la proprio mente a quelle “immense” parole che, ancora oggi, sembrano volare nell’etere.
“Bisogna sapere che io, per mia sorte, fui sempre di quelli che s’innamorano in modo eccessivo e inguaribile, e dei quali nessuno mai s’innamora.”