Come ha giustamente evidenziato il critico Giovanni Titta Rosa, Napoli è la città italiana che può vantare più di ogni altra cronisti e storici del costume, rievocatori del suo passato glorioso e osservatori del suo presente. Il cronista napoletano, in genere, ha un amore elegiaco nei confronti della sua città, venato di un’affettuosa arguzia. Ne sono stati esempi lampanti Croce, Di Giacomo, Niccolini (storico di Vico e biografo dello stesso Croce), ma tra tanto amore per Napoli vi è indubbiamente lo scrittore e giornalista (ha collaborato con <<Il Mattino>>, <<La Stampa>> ed è stato vicedirettore de <<Il Tempo>>), Giovanni Artieri (Napoli, 25 marzo 1904 – Santa Marinella, 12 febbraio 1995) che, con Napoli nobilissima, titolo mutuato da Croce, proseguita con Funiculì funiculà, e con Penultima Napoli, ci ha offerto un ritratto della città e di alcuni personaggi della cultura e del costume napoletani.
Giovanni Artieri comincia con la scelta di diversi aneddoti napoletani da un tesoretto di 85 aneddoti già raccolti dal duca di Castelmola Salvatore Gaetani, autore delle’elegante Apud Neapolim. Degno di menzione è il racconto del Tormentoso idillio di Elisa e Salvatore dove la donna è Elisa Avigliano, ispiratrice, fedele fidanzata e poi moglie di Salvatore Di Giacomo. Il loro idillio non è solamente tormentoso ma patetico il cui contenuto si riverbera nelle parole della lirica giacomiana. Dice Artieri:
“L’amore del di Giacomo per Elisa Avigliano modificò spesso la natura e il modo del suo canto. Stavolta è lui stesso a soffrire: si vede che il suo spirito non genera più ariette miracolose di raggelata purità, o anche, quadri di rembrantesca violenza espressiva, visti, però, traverso la trasparenza di un cristallo. Stavolta il verso s’allunga, diventa ansioso; s’appoggia a cesure e si dilunga in echeggiamenti, reticenze, ritorni. Il poeta soffre le sue proprie pene d’amore perduto…”
Come ha affermato un’altra protagonista della cultura partenopea, Matilde Serao, Di Giacomo aveva la capacità di trasformare in poesia la piatta realtà: il poeta si è sposato a 56 anni anni con la trentasettenne Elisa, nel 1916, e in questa donna ha lasciato confluire tutte le donne della più fine lirica del poeta, aggiudicandosi il singolare privilegio di essere al contempo una creatura di poesia e moglie di poeta. A differenza di Mastriani, Artieri non forza i toni quando si tratta di parlare della pazzia della moglie, ma si esprime in questi termini: “Elisa visse in una candida irrealtà fino alla notte tra il 14 e 15 giugno del 1962”.
Vi è un’atmosfera da belle epoque che anima il racconto come dimostrano le volute barocche tipicamente napoletane e congeniali al soggetto. Penultima Napoli non manca di paesaggi, di descrizioni pittoresche e riflessioni di costume, tendenti al politico propagandistico. Memorabile la descrizione che Giovanni Artieri fa della celebre via Toledo.