Bruciati vivi, edito da Arkadia Editore, è il secondo libro di Daniela Stallo. La scrittrice, nata a Taranto nel 1966, ha studiato giurisprudenza e ha vinto il concorso per la cattedra di diritto nelle scuole superiori presto.
Ha iniziato a insegnare a 26 anni, in un professionale, in un paese del tarantino, dove già aveva incominciato a mettere da parte ricordi di colleghi e vita scolastica.
Giornalista pubblicista prima nel giornale diocesano, già dal liceo scriveva di libri e, poi, in un quotidiano cittadino, a Taranto, si occupava di questioni amministrative e sindacali. Vive a Pisa, dove insegna diritto, dopo molti anni di pendolarismo. La sua opera prima è La città sul mare una raccolta di racconti per ragazzi e ragazze, ispirati a Taranto.
Bruciati vivi: Sinossi
Bruciati vivi, uscito il 28 gennaio 2021, per la collana Eclypse, è un noir dove fatti di sangue e indagini si intrecciano a un racconto di scuola, di donne, di desideri e ricerca della felicità. Un libro in cui convivono la forma diaristica, tipica di autori come Italo Svevo e le atmosfere misteriose e cupe proprie di scrittori come Conan Doyle e Edgard Allan Poe.
12 settembre, giovedì
Ventinovesimo anno che spiego l’argomento, non certo la ventinovesima volta, perché le volte, in effetti, sono il doppio o poco
meno. Più classi prime in ogni anno scolastico, così lo ripeto anche
a distanza di un giorno, se non l’ora successiva. Stesse parole da ventinove anni.
Primo argomento, primo giorno di scuola, non faccio tante storie,
loro non hanno il quaderno, dico di strappare un foglio, che poi lo ricopieranno, niente presentazioni né conoscenza della classe, nessun augurio, nessuna frase di circostanza. Neppure il mio nome, dico, si informeranno. Nessuna confidenza.
Vado alla lavagna, loro guardano, per il momento in silenzio.norma giuridica → regola obbligatori
↓
precetto → comando o divieto → è vietato fumare
↓
dobbiamo pagare le tasse+
sanzione → pecuniaria, detentiva, accessoriaCopiano, qualcuno strabuzza gli occhi, qualche miope si sforza. Copiano e non chiedono spiegazioni.
Non si sentono ancora autorizzati a commentare, devono osservare l’ambiente, noi insegnanti siamo estranei e loro non si fidano,
non sanno se alle superiori funziona come alle medie. Chiedono se preferisco un quaderno a righe o a quadretti, rispondo che sono liberi di scegliere, in fondo non me ne potrebbe fregare meno…
Protagonista del romanzo è Luisa, un’insegnante pendolare. Il suo diario, che copre dieci mesi, da settembre a luglio, è la cronaca quasi giornaliera dell’anno scolastico e della sua vita privata. Luisa racconta di un lavoro ripetitivo, che non la gratifica, per giunta malpagato. Spesso si ammala o finge di farlo per poter restare a casa. Con il marito Thomas i rapporti sono agli sgoccioli e la lontananza del figlio, che lavora all’estero, di certo non la aiuta.
Di pari passo crescono il malcontento, la diffidenza verso il prossimo, la solitudine e la noia. Così, lentamente, Luisa si convince che per anelare a un’esistenza migliore l’unica cosa da fare è eliminare le persone che ora gliela rendono difficile. Da questo momento in poi intraprende un personale percorso da serial killer, convinta che tutto questo le potrà donare una rinnovata serenità. E invece niente andrà secondo i suoi piani. Proiettata in una rincorsa ossessiva ed egoistica verso il proprio benessere, anche attraverso veri e propri crimini, ogni sua azione sembra votata al fallimento e a un epilogo drammatico.
“È un libro sulla scuola – ha dichiarato l’autrice Daniela Stallo. All’inizio volevo scrivere dei meccanismi burocratici nella scuola, domande, trasferimenti, assegnazioni, cose che neppure chi ci sta dentro capisce fino in fondo. Forse cercavo io stessa un senso, o solo una spiegazione, credevo che scrivendo si sarebbe sbrogliato il groviglio di norme, leggi, leggine, commi, eccezioni. Poi, invece, la storia è andata per conto suo, è venuto fuori un racconto sul burnout dell’insegnante, sul loro stress, un diario di pendolarismo, non solo dei docenti. Ci sono una scuola, una strada tra nebbia e acqua, molta acqua, ondate d’acqua. Un appartamento in zona 167. Una malattia non ancora del tutto riconosciuta. Una scuola dura, a volte cattiva, e le persone non si amano a tutti i costi. Qualcuno muore, non immediatamente, ma muore, qualcuno compie azioni muovendosi in un noir, qualcuno si pente, altri no. Luisa intanto si muove nella sua follia tra strada e camion e pioggia, spesso invisibile, tra tristi pastine al burro, bloster come arma di difesa, alla ricerca, qualcuno ha detto della felicità, forse solo di un’indicazione”.
L’autrice ha voluto, quindi, raccontare una storia dietro un caso, un delitto, dando al romanzo una struttura diaristica, con dialoghi brevissimi, quadri di interni di vita privata e scolastica, ripetizioni ossessive che fanno immergere il lettore nella cronaca di una vita lavorativa segnata dai sintomi e dalle manifestazioni tipici del burnout.
http://www.arkadiaeditore.it/bruciati-vivi/