Fra pochi giorni prenderà il via la diciassettesima edizione dei campionati europei di calcio organizzati dalla Uefa. Saranno 24 le rappresentative ai nastri di partenza e i Balcani saranno rappresentati da: Albania, Romania e da tre nazioni ex jugoslave, Slovenia, Croazia e Serbia.
Eppure, come sempre, non sarà tutto così chiaro. Chi tiferanno a Sfântu Gheorghe, nel cuore della Romania, a un’ora e mezzo di macchina da Bucarest? E la parte ovest di Mostar? Nel quartiere Čair di Skopje sorseggeranno tè ricordando la passata partecipazione della Macedonia del Nord oppure si infiammeranno per la nera aquila bicefala di Tirana? Ripercorrendo le pagine di “Balkan Football Club. Viaggio rocambolesco alla ricerca di utopie e rigori sbagliati” ci si può fare un’idea di quello che succederà in alcuni di questi luoghi, magari periferici, ma che fanno a pieno titolo parte di quello sterminato raccoglitore di contraddizioni che sono i Balcani.
Lo Sepsi, la squadra di Sfântu Gheorghe, porta fieramente in curva le bandiere ungheresi e l’appartenenza etnica di gran parte della sua gente non è certo un mistero. Non è solo una “guerra del gulash”, ma è anche uno stadio che ricorda nell’architettura le case tradizionali ungheresi e il tricolore di Budapest che sventola in vari punti della città. La Romania si è qualificata, ma qui con ogni probabilità, tiferanno Ungheria. Sarà invece più difficile stabilire chi tiferà chi nella fascia occidentale della Transilvania, qui davvero la convivenza secolare e le famiglie miste sono la normalità. Speriamo solo che le due nazionali non giochino in contemporanea.
Se sulla Romania qualche dubbio rimane, sicuramente a Mostar ovest aspettano trepidanti le imprese di Luka Modrić e compagni.Basta fare una ricerca su Google per trovare il fenomenale centrocampista che indossa la maglia dello Zrinjski. Era il 2003-2004 e un giovanissimo Luka fu mandato a farsi le ossa nella squadra dei croati della capitale dell’Erzegovina. Da allora ne è passata di acqua sotto lo Stari Most (che tornava agibile proprio nel 2004) e le due sponde della Narenta sono sempre più lontane. Da una parte i bosgnacchi musulmani, dall’altra i croati che guardano a Zagabria e non nascondono i sogni irredentisti. Da questo punto di vista Banja Luka è più vicina di quanto si pensi. Qui sono ancora meno quelli che sostengono la Bosnia, si tifa Serbia e lo si fa con convinzione, più realisti del re.
Dieci anni di viaggi tra Bulgaria, Romania, Albania ed ex Jugoslavia sulle tracce di vicende e di episodi poco conosciuti che hanno fatto la storia – non solo calcistica – di queste terre. Dal Marakana di Belgrado alle utopie di cemento degli spomenik jugoslavi, dal Maksimir di Zagabria alle sponde del lago di Ocrida, senza generalizzazioni né stereotipi, calandosi fra la gente, entrando nei bar, lungo le strade, sui gradoni di tanti stadi in giro per i Balcani. Un viaggio dall’Adriatico al Mar Nero, lungo il Danubio e la Drina, tra vecchi amici e burberi tifosi, birre e cori, ćevapi e rakija, per provare a decifrare i Balcani attraverso la lente d’ingrandimento del calcio.
Ci si fida di sconosciuti, perché si condividono i sentimenti che provano. Si beve con gente che non si vedrà mai più perché si sa che sono dei nostri. Sono uomini e donne che si emozionano, amano, lottano, mettono a repentaglio grandi cose per i propri colori, per la propria squadra e per la propria città. Da queste persone ho ricevuto alcuni degli abbracci più sinceri e con loro mi sono scambiato certi sorrisi da far impallidire gli innamorati.
È un sottile filo rosso che collega tutte le minoranze e il loro sostegno, più o meno forte verso un paese dove non vivono, ma che al quale guardano come se ne facessero già parte. È il caso delle tifoserie di etnia albanese della Macedonia del Nord (come a Tetovo o a Skopje), ma anche nel Kosovo. Le tifoserie organizzate del Pristina, con i loro cappelli bianchi, i plisat, che danno anche il nome al gruppo, non sostengono i giallo-blu allo stadio Fadil Vokrri, ma viaggiano fino a Tirana per tifare quella che per loro è l’unica nazionale.
Queste sono solo alcune risposte, ma le domande rimangono ancora tantissime. Perché la Bulgaria continua a faticare oltremisura? La città di Kosovska Mitrovica come si dividerà durante il torneo? E le Sangiaccato tiferanno Serbia o Turchia? Per provare a trovare un perché ad alcuni di questi interrogativi e per tentare di capire i Balcani attraverso la lente del calcio non vi rimane che leggere “Balkan Football Club“.
L’autore
Gianni Galleri. Toscano che lavora a Roma, è un grande appassionato di viaggi e crede che il calcio sia uno dei modi migliori per conoscere veramente un luogo. Già autore di diversi reportage, ha al suo attivo collaborazioni con molte testate e siti sportivi italiani. Ha realizzato podcast e documentari sul tifo in Europa dell’Est e nei Balcani. Più che la Champions League, lo emoziona l’odore dei fumogeni in uno sperduto stadio di periferia. Ha pubblicato La città del football; Curva Est; Questo è il mio posto (Urbone Publishing), Pašić. Predrag difende Sarajevo (Garrincha Edizioni).