La Commedia secondo Dante, edito da Il Prato, è il nuovo libro di Chiara Donà.
Allieva di Giorgio Padoan, Donà ritorna con questo libro alla prima passione: gli studi danteschi. Attiva da oltre vent’anni nel mondo della cultura, lavora alla valorizzazione del patrimonio storico e linguistico del proprio territorio. Ha pubblicato, sempre per Il Prato, Spero di venire a casa al tempo del vino nuovo. Pietro Donà da Sambruson alla Grande Guerra. Lettere e Diari (2018).
Chiara Donà, grande appassionata ed estimatrice del Sommo Poeta e del Suo Poema si riaffaccia sul panorama editoriale. La Commedia secondo Dante è proprio il frutto di questa passione. A 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, la scrittrice con il suo libro offre nuovi spunti di riflessioni e inedite chiavi di lettura, che senz’altro arricchiranno il nutrito patrimonio della critica dantesca.
La Commedia secondo Dante: Sinossi
La Commedia Secondo Dante, uscito nel 2021, per la collana Letterature, è corredato dalla prefazione del Professore Giuseppe Ledda.
La critica dantesca italiana degli ultimi due secoli ha visto un dominio della cultura laica, che ha generato dapprima la
lettura romantica e quella patriottica risorgimentale, poi nel Novecento quella estetica e quella stilistica, attente principalmente ai valori formali del testo poetico, a cui si aggiunse nel dopoguerra una forte tendenza “realistica”. La dimensione religiosa della poesia di Dante è stata sostanzialmente ignorata e trascurata nonostante le geniali e seminali intuizioni di Foscolo. Più che negata, nella critica novecentesca
essa veniva rimossa e marginalizzata in quella che veniva considerata crocianamente la struttura del poema oppure in
ciò che storicisticamente si considerava il contesto culturale in cui Dante era immerso.Dante è ovviamente un poeta cristiano, ma questo sarebbe solo un dato di partenza obbligato, un’identità originaria non suscettibile di valutazione o di interpretazione, mentre la sua poesia, la sua originalità e il suo messaggio starebbero altrove. Nel corso del Novecento si incontrano le luminose eccezioni di alcuni grandi maestri che hanno saputo prendere sul serio e approfondire la complessità della dimensione religiosa e di quella visionaria della poesia dantesca. Oltre a grandi dantisti stranieri come Auerbach e Singleton, fra gli studiosi italiani paiono particolarmente rilevanti, pur con accenti e interessi fra loro assai diversi, le figure di Bruno Nardi, Ezio Raimondi, Nicolò Mineo, Giorgio Padoan.
Lontano dall’approccio didascalico, letterario o estetico di tanti studi, questo piccolo libro ha il grande pregio di restituire alla Commedia l’interpretazione che Dante stesso ci ha fornito della propria opera.
Partendo direttamente dai testi, dalle fonti, con un approccio di tipo storico, l’autrice punta i riflettori sulla pregnanza, sulla “carica esplosiva” di un’opera troppo spesso ridotta a pura finzione letteraria e arriva a degli esiti che sono a dir poco sorprendenti.
Dante, infatti, rivendica in tantissime occasioni la veridicità letterale del proprio racconto che assume così un’altissima connotazione spirituale e visionaria. L’autore non applica alla sua opera maggiore gli schemi dell’allegoria poetica, bensì la pone sullo stesso piano delle Sacre Scritture.
E dedicando il Paradiso a Cangrande della Scala, signore di Verona, egli non parla di un viaggio immaginario, frutto della fantasia, anzi, lo propone come il frutto di un rapimento” mistico, realmente avvenuto, vissuto col corpo oltre che nello spirito.
Paragona la propria esperienza a quella concessa dalla Grazia divina a san Paolo, a Ezechiele, a Nabuccodonosor, all’estasi che troviamo descritta nei trattati di sant’Agostino, di san Bernardo, di Riccardo da San Vittore (Ep. XIII).
Emerge, allora, potente, tutto l’ardire dantesco.
Il clima generale di forte attesa escatologica e le dolorose vicende personali dell’esilio forniscono poi le coordinate storiche entro cui collocare le precise indicazioni di Dante, che si andava via via identificando con il poeta-vate, con il profeta ispirato. Ciò non vuole significare che l’approccio mistico debba essere l’unica chiave di lettura da applicare al poema né tanto meno sostenere che il viaggio dantesco attraverso i tre regni ultraterreni sia realmente avvenuto.
La vocazione poetica rimane in Dante sempre fortissima ed egli dimostra una consapevolezza e un orgoglio delle proprie capacità creative del tutto assenti negli uomini contemplativi: è in qualità di poeta, anzi di poeta incoronato, che egli sperava di rientrare a Firenze.
Cos’è allora la Commedia secondo Dante? Bene la descrivono le parole di Paradiso XXV: è il “Poema Sacro al quale ha posto mano e Cielo e terra”.
“La forte personalità dell’autore e il valore monumentale della sua opera maggiore ci appaiono spesso lontane e inaffrontabili e la scuola non sempre aiuta ad avvicinare e ad amare questo ‘mostro’ della letteratura italiana – ha dichiarato Chiara Donà.
Ad accendere in me la scintilla è stato un grande maestro di vita oltre che di studi: il professor Giorgio Padoan, dantista eccellente, prematuramente scomparso nel 1999 e a cui ho voluto dedicare questo mio lavoro proprio nel 7° centenario della morte di Dante.
Da lui ho imparato a partire dai testi, dalle fonti, dal contesto storico e culturale in cui il Poeta operava. Questo approccio mi ha consentito di riportare alla luce un Dante inedito, una Commedia dalla straordinaria e arditissima forza spirituale e visionaria”.
Nel mare magnum dei libri che riguardano Dante, alla scrittrice è sembrato sensato, non senza trepidazione, raccogliere in un piccolo volume il risultato dei suoi studi per due motivi. Prima di tutto restituire alla Commedia l’interpretazione che Dante stesso ci ha fornito della propria opera, il valore poetico e profetico, letterario e mistico che è egli venuto via via ad attribuirle.
In secondo luogo aprire questo nuovo squarcio interpretativo a un vasto pubblico di lettori, ovvero, far uscire il dibattito dagli ambienti accademici in modo che tutti possano apprezzare pienamente il profondo significato di una Commedia per troppo tempo “evirata” della sua vis sacra.
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