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Trappola morale

‘Trappola morale’, il romanzo giallo di Roberta Bobbi

“Trappola morale” è l’ultima creatura letteraria nata dalla penna della scrittrice umbra Roberta Bobbi, classe 1964 e già autrice di diverse pièces teatrali oltre che di fiction letteraria. Pubblicato da La Torre dei Venti nel gennaio di quest’anno, il romanzo è un giallo psicologico.

Il titolo, direttamente attraente secondo i dettami del mistero fittizio, suggerisce da subito un’immersione in quella che è una trama colma, forse al limite, di violenze subite e sorbite, schivate ed accolte, mai esplicitamente dette, ma che pure hanno un impatto decisivo su ogni pagina di cui si compone lo scritto.

In breve la trama: al centro della misteriosa e momentanea scomparsa di una giovane donna avvenuta in seguito al suo incidente d’auto in piena notte, altre due donne si ritrovano coinvolte nel caso. Innocenti a un tempo per l’occasione fortuita, eppure colpevoli per l’infelice egoismo che le protegge e reclude dal mondo.

Sono elementi questi, oltre agli effettivi indizi tra cui la rintracciabilità di un cellulare ed un numero a quel cellulare connesso, che gioverebbero al commissario De Sanctis per affermare il suo potere di poliziotto e risolvere quello che, alla fine della storia, è un caso di rapimento nella sua sola confusa mente frustrata.

Quella che rappresenta me mostra una donna dal sorriso bonario tinta di bruno. Chissà chi è e se lo sa che mi presta la faccia perché io mi vergogno di metterci la mia.

In Trappola morale, Roberta Bobbi sembra adottare il genere giallo per scherzo, per giocare con la sua storia, come per innescare una valida scusa per la messa in scena di ogni pura formalità creando una matassa che durante la lettura si sciorina in ventinove capitoli, ciascuno a sua volta depositario della vita e della storia di ognuno dei quattro personaggi ed insieme, delle ore di convivenza delle sorti – dentro la pagina – di queste quattro anime in pena.

Tutti i personaggi si ritrovano legati a forza da una storia che non ha spina di per sé, che non riguarda nessuno di loro e che pure ha che fare col buon senso, con i principi dell’agire umano, qui più o meno tragicamente stroncati all’infanzia e decostruiti quando presenti a brandelli.

Fitto di dialoghi, riflessioni, salti temporali ed interessanti espedienti spaziali – si veda ad esempio il museo dei climi in cui De Sanctis resiste ad una crisi esistenziale – Trappola morale, in virtù della sinossi stessa, ha una costruzione insolita, non convenzionale e forse troppo ambiziosa.

Una delle donne parla in prima persona e sembra proprio che parli o che scriva su un diario di tutto quello che le accade o le è accaduto – , a tal proposito, ci si domanda se lo faccia davvero –  mentre per gli altri, Roberta Bobbi si serve di una terza persona che chiaramente solo conosce i confini dello sguardo a cui presta voce. Una trovata che forse ha le radici nella scrittura per il teatro, quella di raccontare in terza persona il solo universo di ciascun io a lei affidato.

Questo perché ciascuno dei personaggi, pur nelle descrizioni, non sa andare oltre se stesso e dunque deforma costantemente il reale – sebbene non senza differenti sforzi – affidando ogni volta la colpa all’altro da sé in un tentativo di giustificare le proprie azioni per decisa mancanza di responsabilità.

Di qui il senso di soffocamento, di frustrazione e insofferenza che è onnipresente nel romanzo, poco importa la declinazione dei verbi ed il loro tempo. Probabilmente con una costruzione più omogenea, la lettura risulterebbe meno snervante. Nonostante questa lieve disomogeneità, si ha l’impressione che sia la composizione stessa, spezzettata e a volte monca, a rendere i personaggi coinvolti, delle persone “malate”; chi di noia e di paura del giudizio, chi di potere, chi di sensi di colpa. Tutti di mancanza d’affetto. Tutti hanno a che fare col peso delle loro scelte, dei loro fallimenti, col peso della forza che agisce su ciascuna delle loro debolezze.

Tuttavia, una sorta di evoluzione – o involuzione – avviene, un movimento che, sebbene non sposti l’asse centrale di nessun personaggio – i cambiamenti sono superficiali, del tutto marginali – pure svela il mistero mastice per quello che è ovvero una grossa perdita di tempo e di energie, una possibilità di mettere in discussione, per ciascuno, la propria prospettiva.

Una possibilità mancata, per cui, alla fine, tutto è stato un altro niente da dimenticare. Ognuno torna alla propria vita ed il lettore conserva un’ironica amarezza e rassegnazione nella quale tutti noi possiamo rivederci, tra momenti intimistici e azione, i due principali cardini dell’esistenza umana. RobertaBobbi è abile nel creare curiosità intorno al destino dei suoi personaggi, o meglio delle sue tre protagoniste; chi infatti riuscirà ad affrontare le proprie paure e ad uscire dal guscio della solitudine?

L’autrice

Roberta Bobbi nasce a Narni, in Umbria, nel 1964. Si trasferisce poi a Roma dove intraprende studi di recitazione e di drammaturgia. Scrive dapprima alcuni testi teatrali tra cui Ustascia, prodotto e messo in scena dalla Compagnia Beat 72 e La farina del diavolo, allestito dal Teatro Argentina. Nel 2016 pubblica, insieme ad un’altra autrice, il romanzo Da principio venne il diavolo, firmato Agatha Beta e pubblicato da Walkabout Agency. Nel 2018 pubblica il romanzo Velia, amorevole estetista delle salme con La Caravella Editrice. Nel 2022 collabora con un suo racconto all’Antologia Scritti per gioco edito da Ronchetti Editore. Sempre nel 2022, con un altro racconto partecipa all’Antologia Estate in cento parole edito da Giulio Perrone.

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