Destra o sinistra, poco importa, uno scrittore deve pensare ad altro: «I comunisti – raccontò Borges ad Alberto Arbasino – mi considerano un fascista, i fascisti mi considerano un comunista, dunque non sono da nessuna parte, sono un vecchio individualista». Lo accusarono di “cosmopolitismo culturale”, lui, amante dell’Europa, ebbro dell’idea di sintetizzare Oriente e Occidente, con una vocazione universale (non universalistica) che rigettava l’idea di esaurirsi in una letteratura, in una nazionalità. Considerava la storia del mondo come uno spartito, (la sola) in grado di far incontrare culture diverse senza spargimenti di sangue. Una vocazione, ça va sans dire, opposta a quel cosmopolitismo straccione che oggi è la madrelingua di un mondo globalizzato e sradicato.
Read More »Jorge Luis Borges e la scrittura della letteratura potenziale
La scrittura di Jorge Luis Borges è la scrittura della letteratura potenziale. Nell’intrico degli archetipi e delle tradizioni mitopoietiche si collocano le immagini della cultura sudamericana, dei ricordi dell’infanzia e della famiglia. Un substrato che eredita tutte le suggestioni delle leggende.
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