In occasione della morte di Glenn Frey, membro fondatore degli Eagles, avvenuta il 18 gennaio scorso, è doveroso ricordarlo e omaggiarlo proponendo uno degli album più famosi della band cui apparteneva. In questo senso Hotel California sarebbe senz’altro la scelta più semplice, dal momento che si tratta del vero blockbuster del gruppo, il disco della gloria imperitura, ma proprio per questo sarebbe anche la scelta più banale. Bisogna ricordare il vero merito degli Eagles, ossia quello di aver sdoganato definitivamente il country presso il grande pubblico portandolo in cima alle classifiche di tutto il mondo, codificando, una volta per tutte, quello stile che sarà famoso col nome di country-rock. Già altre band avevano tentato un esperimento simile, come i Flying Burrito Brothers, i Byrds, ma solo Frey e soci hanno saputo trovare l’alchimia giusta per far si che la musica tradizionale americana acquisisse milioni di fan trasformandosi in fenomeno di costume. Proprio tenendo conto di queste premesse, la scelta si è orientata su Desperado, concept album del 1973, dedicato alla vita dei fuorilegge del vecchio West, i desperados appunto, sempre in bilico fra distruzione e leggenda.
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CSM&Y: musicisti fantastici dotati di inarrivabile talento ma anche di un ego smisurato e di una personalità irrimediabilmente erratica. Uno dei più grandi quartetti della storia del rock è nato un po’ per caso dalla fusione di quattro temperamenti e stili musicali assolutamente diversi ma complementari. Stephen Stills, proveniente dai Buffalo Springfield, David Crosby, licenziato dai Byrds, Graham Nash, ex Hollies, decidono, nel lontano 1968, di unire le proprie forze per dar vita ad un trio basato sulla perfetta amalgama tra chitarre e voci. Dopo un ottimo debutto dall’omonimo titolo, targato 1969, i tre decidono di includere in formazione Neil Young, già compagno di Stills nei Buffalo Springfield, capace di aggiungere una notevole spinta sia creativa che vocale e strumentale alla già enorme cifra stilistica dei compagni.
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L’arguta critica sociale di Taxman, la dolente bellezza di Eleanor Rigby, gli umori acidi di She Said She Said, l’allegria di Yellow Submarine, la sperimentazione pura di Tomorrow Never Knows, elevano Revolver al rango di capolavoro assoluto e manifesto di un’intera generazione
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