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Sulle stile di Tommaso Landolfi: sinuoso e avventuroso

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Tommaso Landolfi scrive e pubblica negli stessi anni di Giuseppe Dessì. Anche lui è un autore poco conosciuto dal grande pubblico, complice il carattere schivo. Nasce a Pico, in provincia di Frosinone, e perde la madre in tenera età. Si laurea in letteratura russa a Firenze, discutendo una tesi sulla poetessa Anna Achmatova, ed ha modo di entrare in contatto con un ambiente letterario molto ricco, e ciò influisce molto sul suo modo di scrivere: egli inizia la sua attività letterario durante il ventennio fascista, periodo molto “chiuso” a causa dello stretto contatto con le letterature straniere.

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Calvino e Pavese, due scrittori a confronto

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Calvino e Pavese lavorarono per alcuni anni alla Einaudi. Fu lo stesso Pavese a scoprire il talento di Calvino. Questo ultimo però stroncò il romanzo "Tre donne sole" di Pavese, che poi rispose il  29 luglio 1949: “Ma tu – scoiattolo della penna –  calcifichi l’organismo componendolo in fiaba e in trance de vie. Vergogna”. Pavese si suicidò nel 1950. La sua scomparsa fu dovuta alle delusioni sentimentali e alla sua depressione. Era uno scrittore riconosciuto. Aveva vinto anche il premio Strega, era una figura di riferimento per molti scrittori. L'Einaudi pubblicherà postume nel 1966 le sue Lettere 1945-1950, proprio a cura di Italo Calvino.

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Riflessione sul concetto di limite, tra Chomsky, Calvino, Leopardi, Watson

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Il limite può essere inteso come mancanza, difetto oppure come confine. Ai tempi dell'università pensavo ingenuamente che uno dei modi di superare il nichilismo fosse creare una metafisica dei limiti, che io avevo chiamato limitismo, ovvero riconoscimento dei limiti fisici, ontologici, conoscitivi,  esistenziali della specie umana. D'accordo ci sono senza ombra di dubbio dei modi più efficaci per sconfiggere il nichilismo, per combattere quello che Junger e Heidegger chiamavano il "Leviatano": una letteratura mitopoietica, ritornare a Parmenide, credere in Dio. La verità è che allo stato attuale delle conoscenze nessuno può stabilire con esattezza questi limiti.

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Carla Vasio: “Ho fatto la guerra del Gruppo ’63, ora vivo per dimenticare tutto”

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E poi c'era lei. Carina. Molto carina. In quel Gruppo '63. In quella foto affollata di teste che sarebbero diventate note e con il vecchio Ungaretti davanti alla torta: "Eravamo nati a un giorno di distanza l'uno dall'altra. Festeggiammo insieme i compleanni. Ungaretti era lì. Con l'immancabile basco. Non spaesato. Sordo e inguaribilmente incazzato. Mio Dio, pensai, ora prende la torta e la lancia contro qualcuno", ricorda Carla Vasio. Sì, Ungaretti poteva essere imprevedibile. Quello che non si capisce è perché delle donne che hanno partecipato al Gruppo '63 non si parla mai. La Vasio è una signora fine, con un bel libro di memorie pubblicato da poco ( Vita privata di una cultura, Nottetempo) - e ci si aspetta una risposta risentita, rancorosa. E invece è ironica: "Forse non gliela davamo. O forse pensavano di essere solo loro i protagonisti di questa scena che è durata alcuni anni e molto ha svecchiato nella cultura italiana".

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Jeff Vander Meer e l’indagine sulle mutazioni dell’uomo contemporaneo nel New Weird ‘Trilogia dell’Area X’

Vander Meer

Nella 'Trilogia dell'Area X' Jeff Vander Meer indaga le mutazioni dell'uomo contemporaneo catapultando il lettore in un luogo dall'atmosfera perturbante; una zona enigmatica, dove fenomeni di origine sconosciuta alterano le leggi del tempo e della biologia. Il tema della metamorfosi è senza dubbio uno dei più frequentati e fecondi nell’immaginario letterario di tutti i tempi. Ne troviamo esempi già nei poemi omerici e, in ambito romano, nel capolavoro ovidiano. Dante impiega la metamorfosi come uno dei meccanismi del contrappasso, Stevenson la lega ai chiaroscuri della psiche umana, Kafka la innesta nella modernità. Il termine metamorfosi deriva dal greco: indica un passaggio di forma, per cui il soggetto che la subisce muta nell’aspetto esteriore mantenendo però inalterata la propria identità. Si tratta di un fenomeno comune: basti pensare alla crescita degli anfibi o al ciclo delle piante. Probabilmente proprio l’osservazione di queste manifestazioni della natura ha contribuito all’elaborazione dei miti da parte dell’uomo antico, e forse è possibile che continui a farlo ancora oggi. Eliade ci ricorda che il mito non è mai completamente scomparso: è vivo nei sogni, nelle fantasie e nelle nostalgie dell’uomo moderno. E gli scrittori, dunque? Sono ancora dei mitografi?

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Gianni Celati, l’outsider della letteratura italiana che è diventato un classico

Gianni Celati

Nessuno sarà più incredulo di Gianni Celati nell’accogliere il corposo Meridiano che raccoglie la sua narrativa (Celati. Romanzi, cronache e racconti, Mondadori, pagg. 1854). La preziosa collana dà sistematicità a classici anche contemporanei, ma una sistematica di Celati ha l’aria di una fantasticheria editoriale. I curatori non potevano che essere quei due. Marco Belpoliti, critico e studioso di letteratura e da decenni seguace di Celati, gli ha dedicato corsi di laurea, convegni, studi e, nel 2008, un ricco numero della rivista-libro Riga che Belpoliti dirige assieme a Elio Grazioli, per Marcos y Marcos (più un altro numero che ricostruisce le vicende progettuali della rivista Ali Babà, che Celati aveva pensato insieme a Italo Calvino e altri alla fine degli anni 1960).

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La narrativa combinatoria del Novecento e Raymond Queneau

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Nella consapevolezza che la letteratura non può conservare i sui ruoli tradizionali, si muove anche un'altra importante corrente narrativa degli anni cinquanta e sessanta, sviluppatasi in territorio francese, la quale trova nella tecnica narrativa combinatoria un nuovo modello per la narrativa stessa. L'espressione tecnica combinatoria, o gioco combinatorio, indica la necessità che i materiale narrativi siano strutturati in base a scelte rigidamente razionali, predisposte secondo schemi fissati in precedenza, seguendo regole prestabilite e non modificabilidall'influenza di ispirazioni, emozioni, sentimenti.

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