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Cinque diari americani del critico Giuseppe Antonio Borgese in un’inedita edizione a Firenze

Cinque diari americani di Giuseppe Antonio Borgese

Giovedì 30 gennaio alle ore 15:30, presso L’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria” a Firenze, si terrà la presentazione dell’edizione critica degli inediti diari americani di Giuseppe Antonio Borgese, relativi agli anni 1928-1935, a cura di Maria Grazia Macconi per le Edizioni Gonnelli di Firenze. L’edizione si arricchisce di un saggio di Gandolfo Librizzi e di una nota introduttiva di Luciano Canfora. Durante la presentazione interverranno Luciano Canfora, Marino Biondi, Maria Grazia Macconi, Rosario Pintaudi e Gandolfo Librizzi.

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Kafka o l’assenza dell’attesa: il radicale disincanto dello scrittore cecoslovacco per mettersi al riparo dalla tentazione di ogni illusione

franz kafka

Il radicale disincanto che pervase il pensiero e il sentimento della vita di Kafka non risparmia nemmeno la letteratura, che tuttavia fu alla base della sua vita. Egli scelse di scrivere non come tentativo di sfuggire all’infelicità o all’inadeguatezza, ma per mettersi al riparo dalla tentazione di ogni illusione. Questa negazione, all’origine, dell’attesa è l’angolazione assoluta da cui Bataille sembra guardare Kafka. Dopo aver sottolineato, non senza ironia, che la proposta-interrogativo dei comunisti di bruciare Kafka era stata preceduta dalla volontà o almeno dal desiderio dell’autore, Bataille afferma: «Capì che la letteratura gli rifiutava la soddisfazione attesa, e questo egli voleva: ma non cessò di scrivere. Sarebbe anzi impossibile dire che la letteratura lo deluse. Essa non lo deluse, ad ogni modo, in paragone ad altre finalità possibili» (LM, IX, 272; 138). A questo punto Bataille si inoltra nell’atmosfera e nel linguaggio kafkiani per ammettere che forse la letteratura fu per Kafka ciò che ai suoi occhi era stata la Terra Promessa per Mosè. Bataille ci indica, attraverso una pagina dei Diari, che idea avesse Kafka della Terra Promessa a Mosè. Scriveva Kafka: «Il fatto che egli giunga a vedere la Terra Promessa soltanto alla vigilia della morte non è credibile. Questa suprema prospettiva ha un unico senso, quello di rappresentare fino a che punto la vita umana sia un istante imperfetto: imperfetto perché questa specie di vita (l’attesa della Terra Promessa) potrebbe durare indefinitamente senza che ne risultasse mai qualcosa di diverso da un istante. Mosè non raggiunse Canaan non perché la sua vita fu troppo breve, ma perché era la vita di un uomo» (LM, IX, 272;138).

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