I russi non conoscono la realtà della tragedia ucraina; molti italiani hanno idee sbagliate sulla crisi climatica. Censura e fake news distorcono la percezione, vanno contrastate con la conoscenza e la partecipazione. Lo hanno scritto in molti: l’invasione russa dell’Ucraina ha scatenato una doppia guerra. La prima si combatte sul campo, la seconda sui mezzi di informazione. La propaganda ha da sempre accompagnato i conflitti, ma in questo caso colpisce la sproporzione delle condizioni. Nei Paesi liberi abbiamo accesso a tutte le notizie e le dichiarazioni diffuse da entrambe le parti. In Russia, il Cremlino mantiene un ferreo controllo: nonostante i terribili eccidi che le sue truppe compiono in Ucraina e le sconfitte sul campo, Vladimir Putin non sta affatto perdendo il suo supporto tra la popolazione russa. È facile spiegare che questo si deve al totale dominio sui mezzi di comunicazione di massa: social media bloccati, stampa di opposizione chiusa, televisione completamente controllata dal regime.
Read More »La realtà è una fake news
I social network e il web sono ufficialmente luoghi insicuri. La crociata dell’establishment contro il sistema delle cosiddette “fake news” è stata lanciata dal palco della Leopolda 8. Il frontman è Matteo Renzi ma la regia è di un certo Andrea Stroppa, ragazzetto di 23 anni che ha lavorato come capo del reparto ricerca e sviluppo di una società di consulenza, la Cys4, di cui Marco Carrai, fedelissimo del segretario del PD, era socio, supportato dalla piattaforma Buzzfeed. Peccato però che l’inchiesta – firmata a quattro mani da Alberto Nardelli e Craig Silverman – che presumeva svelare l’intreccio tra movimenti nazionalisti e populisti con una rete di siti internet rei di fabbricare e diffondere “fake news” abbia ricondotto – come ha ammesso lo stesso New York Times qualche giorno dopo – a Davide e Giancarlo Colono, proprietari attraverso le loro società con scopo di lucro ma senza alcun collegamento partitico di DirettaNews e iNews24 (con annesse pagine Facebook con milioni di “mi piace” chiuse senza preavviso dallo staff di Zuckerberg!), due quotidiani online che non pretendevano fare libera informazione ma raccogliere clic riportando (e non fabbricando!) notizie e fatti, il più delle volte, con titoli incendiari e strillati. Se ci si pensa bene non c’è nulla di sensazionalistico in tutta questa storia dato che ilclickbaiting – una tecnica per attirare il maggior numero possibile d’internauti per generare rendite pubblicitarie – viene sfruttata da tutti, persino dalle testate “autorevoli”, da Repubblica al Corriere della Sera, da Il Giornale a Libero, dal Fatto Quotidiano a La Stampa. Insomma se la legge fosse uguale per tutti oggi non potremmo più informarci in rete. Ma andiamo avanti.
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