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‘Il cuore delle cose’ di Natsume Soseki. Un tesoro dimenticato

Soseki

Nel 1999, all’alba del nuovo millennio, il Los Angeles Times organizzò un simposio dedicato ai “tesori dimenticati” della letteratura del novecento. Kundera, ad esempio partecipò consigliando la lettura de L’uomo senza qualità di Musil ("È attraverso le situazioni dei suoi personaggi che Musil raggiunge un’ineguagliabile diagnosi esistenziale del nostro secolo …”).  Al simposio un altro scrittore, Simon Leys, sinologo e storico dell’arte di origine belga, selezionò invece quattro opere, già “giustamente famose”, ma che non hanno “raggiunto il più ampio numero di lettori che chiaramente meriterebbero.”  Fra queste era uno degli ultimi romanzi del forse più celebre degli scrittori giapponesi del novecento, Il cuore delle cose di Natsume Soseki – del 1914, titolo che tenta di rendere un termine giapponese intraducibile, Kokoro (che Nicoletta Spadavecchia diede nell’edizione Neri Pozza – poi Beat – del 2001; se ne pubblicò una versione intitolandola semplicemente Anima). 

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‘Piccoli racconti di un’infinita giornata di primavera’, la felicità legata ad un momento secondo Natsume Soseki

Soseki

Più che un’opera di fantasia, Piccoli racconti di un’infinita giornata di primavera di Natsume Soseki è l’insieme di esperienze realmente vissute dall’autore, scritti inventati e sperimentazioni stilistiche. Ciò che li lega non è un tema o un genere, ma piuttosto una sensazione, un desiderio molto umano. Quello di volere che il tempo si dilati, che non arrivi mai la fine di una giornata splendida, che le lancette di un orologio immaginario rallentino a dismisura. Questo è il leitmotiv della raccolta di Soseki, la necessità di apprezzare ogni singolo lungo attimo. È lo stesso titolo originale a indicarcelo, infatti la parola eijitsu in cinese antico (lingua che Soseki conosceva molto bene) significa “giornata lunga di primavera, una giornata in cui il sole sembra non tramontare mai”. In giapponese il concetto ha perso quella connotazione stagionale, andando a inglobare qualunque giornata infinita e coniugandoci l’idea che sia l’uomo stesso a volere che quel tempo si dilati e rallenti. I personaggi di Soseki rimangono in una sofferta attesa, di un’evento, di una persona, di un’emozione, di un alito di vento.

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‘Una storia crudele’, il thriller psicologico di Natsuo Kirino che fa trapelare una giustificazione per l’autoalienazione

Kirino

Non è usanza di Hatsuo Kirino andarci leggera con le storie truci e con questo Una storia crudele, romanzo thriller del 2004, ce ne da ulteriore conferma, non è un libro per stomaci delicati. La trama stessa, e non solo la grande capacità introspettiva dell’autrice, lo suggeriscono. La storia parte infatti con una lettera, tanto semplice quanto crudele. Anzi da due. La prima è quella che il marito della protagonista (Ubukata Keiko, conosciuta con lo pseudonimo di Koumi Narumi) invia all’editore di lei, che è una scrittrice, avvertendolo che la donna è scomparsa ormai da due settimane e che ha lasciato quel manoscritto per lui. La seconda lettera è la causa scatenante di tutti gli eventi, che viene inserita dalla stessa Keiko in testa al suo nuovo romanzo, Una storia crudele appunto. Quest’ultima le è stata inviata da Abekawa Kenji, l’uomo, da poco uscito di prigione, che l’aveva rapita quando aveva appena dieci anni. Da qui ci immergiamo nel romanzo di Keiko, che decide di raccontare dopo più di vent’anni la storia del suo sequestro.

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‘Tokyo Express’, il noir allusivo di Matsumoto

Tokyo

Con Tokyo Express, noir dal fascino ossessivo, tutto incentrato su orari e nomi di treni – un congegno perfetto che ruota intorno a una manciata di minuti –, Matsumoto ha firmato un’indagine impossibile, ma anche un libro allusivo, lucido, privo di ridondanze, che sa con sottigliezza far parlare il Giappone. I corpi di Sayama Ken’ichi e della giovane Otoki vengono ritrovati a Kashii, precisamente sulla spiaggia del promontorio che affaccia sulla baia di Hakata. Sono distesi su una lastra di roccia scura, i vestiti smossi dal freddo vento marino. Dai primi rilievi della polizia è subito chiaro che i due si sono suicidati e le analisi di poco successive confermeranno l’uso del cianuro, anche contenuto in una bottiglietta vuota di succo di frutta posta a fianco dei cadaveri. il caso viene subito etichettato come il suicidio amoroso di due tristi amanti. Iniziano le ricerche per scoprire l’identità dei due corpi e da subito, agli occhi del vecchio ispettore Torigai Jutaro, qualcosa non quadra in quella scena apparentemente perfetta.

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Haruki Murakami: narratore di storie normali dominate dalla Τύχη che trascende l’uomo

Murakami

Cosa rappresenta quel piccolo uomo nato il 12 gennaio 1949 in Giappone? Haruki Murakami nasce a Kyoto ma il periodo fondamentale della sua formazione, umana ed artistica, lo passa a Tokyo, dove arriva nel 1968. Per chi non ne fosse a conoscenza, il 1968 non è solo la stagione di Charles Manson e le Brigate Rosse. Il 1968 è una stagione pregna di significato, una stagione di scontri e rivendicazioni che scuote il mondo intero come un terremoto . Anche il Giappone non viene risparmiato da queste scosse telluriche e lo stesso Murakami, un adolescente solitario con il vizio della buona musica e della letteratura, è inglobato in questa spirale; vi assiste, si eclissa ma ne resta segnato, come si può evincere dalla morte del marito della signora Saeki, che in Kafka sulla Spiaggia trova una morte tragica quanto assurda, ucciso in mezzo ai moti rivoluzionari senza alcuna ragione.

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Pétronille, un sorso di Amélie Nothomb

Petronille

Esistono libri che conquistano e intimoriscono, lasciano irretiti o sconvolgono. Non è sempre possibile aprire un libro e poter dire: lo rifarei ancora, e ancora, di questo libro vorrei ricordare tutto, stampare sulla pelle ogni sensazione. E' esattamente quello che succede leggendo Petronille, un libro leggero, si badi bene leggero ma non frivolo, come questo, di una levità esaustiva e grave, che non può non pesare se si ascolta con gli occhi il messaggio stridente dell'autrice. Si tratta di Pétronille (2014, Voland), il romanzo breve della amatissima Amelie Nothomb, scrittrice nata a Kobe (Giappone) nel 1967, poi vissuta in Asia e America fino a quando non si è stabilita in Belgio, il paese che poi è divenuto la sua casa e dove vive tuttora, quando non si ferma a Parigi.

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“La casa delle belle addormentate”: l’eros di Kawabata

la casa delle belle addormentate

Kawabata scrive La casa delle belle addormentate nel 1961 sette anni prima di ricevere il premio Nobel (in Italia è stato tradotto nel 1972). Il protagonista del suo romanzo o del suo racconto lungo è Eguchi, un anziano signore che viene a sapere di una casa di appuntamenti a Tokyo in cui i clienti anziani vanno per addormentarsi al fianco di giovani ragazze vergini, che li aspettano nude e immerse in un sonno indotto.

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