Cormac McCarthy è tra i grandi narratori viventi; per me, nella sonorità linguistica che fa falò della fascina delle ossa, Meridiano di sangue sta tra i libri titanici di sempre. In ogni caso, da qualsiasi lato pigliate McCarthy, cascate bene. I suoi libri trascinano nell’al di là della narrativa, nel luogo degli interrogativi micidiali. Non si leggono: obbligano a una scelta – persino a una responsabilità che riguarda il nostro stare al mondo.
Read More »Cormac McCarthy: quella grande faglia tra le spietate leggi della natura e della civiltà
Le opere di Cormac McCarthy sono oggetti che ti riportano lontano…molto lontano. Puoi sentire l’odore dell’America profonda, quella dei Faulkner, degli Hemingway dei quali il narratore del New England è l’ultimo grande esponente, sia per stile narrativo che per tematiche. Non a caso McCarthy è stato definito dal grande critico letterario Harold Bloom uno dei “magnifici quattro” della narrativa d’oltreoceano -e gli altri si chiamano Philip Roth, Don DeLillo, Thomas Pynchon; romanzieri con una loro precisa peculiarità e che si avvicinano per avere riflesso spaccati diversi del mondo a stelle e strisce.
Read More »“Figlio di Dio”, l’essenzialità di Cormac McCarthy che rabbrividisce il lettore
Nient’altro che un figlio di Dio come voi, forse” si legge nella prima pagina del romanzo “Figlio di Dio” (1974) del grande scrittore americano Cormac McCarthy. Una presentazione essenziale, scolpita nella pietra quella di Lester Ballard, uno dei tanti poveri bianchi che popolano le catapecchie del Sud rurale e precisamente della contea di Sevier, nel Tennessee osteggiata dalla natura. Tuttavia gli abitanti sono abituati alla sua violenza, alle alluvioni, alle tempeste, agli animali da preda, cosi come lo sono alla miseria, all’incesto, alle pubbliche impiccagioni ,alla breve comparsa di uno sceriffo o di una stanza d’ospedale, che sembrano essere la normalità, anzi quasi la regola.
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